La decisione di fermare le sperimentazioni dell’idrossiclorochina nel trattamento del Covid-19 non è sostenuta da evidenze scientifiche abbastanza solide. Lo sostengono circa duecento scienziati di tutto il mondo in una lettera aperta alla rivista Lancet. A consigliare di fermare gli studi sull’idrossiclorochina era stata una ricerca apparsa sulla stessa rivista inglese in cui era riportato un aumento della mortalità del 30% tra i pazienti trattati con il farmaco. Nonostante la rivista sia tra le più autorevoli al mondo, quella ricerca contiene molti errori e solleva dubbi sulla veridicità dei dati, secondo i firmatari.

Gli autori dello studio avevano analizzato dati relativi a 96mila pazienti ricoverati in sei continenti sfruttando la collaborazione con la società Surgisphere, che fornisce servizi informatici agli ospedali. Ma i dati non sono stati divulgati, impedendo le verifiche da parte di ricercatori indipendenti. «Gli accordi con i governi e gli ospedali purtroppo non ci permettono di condividere i dati», è stata la risposta degli autori dello studio. Eppure, la rivista Lancet ha sottoscritto un impegno a rendere pubblici tutti i dati rilevanti per le ricerche sul Covid-19.

Anche senza i dati “grezzi”, sono bastate le tabelle sintetiche pubblicate a far notare alcune incongruenze. Ad esempio, i morti riportati negli ospedali australiani che hanno partecipato allo studio superano il totale dei decessi registrati in tutto il paese. Gli autori hanno poi ammesso che nei dati dell’Australia era finito anche un ospedale asiatico.

Anche i dati sui pazienti africani sono irrealistici, secondo l’epidemiologo dell’università di Oxford Anthony Etyang. «L’articolo riporta dati su 4.402 pazienti. Un po’ troppi, visto che alla data dello studio il Centro africano per il controllo delle malattie riportava in tutto 15.738 casi in tutta l’Africa, con una maggioranza di casi asintomatici e non ricoverati».

Gli autori non hanno poi tenuto conto della disomogeneità di un numero così grande di pazienti e si sono rifiutati di pubblicare quali ospedali siano stati coinvolti nella ricerca, notano i firmatari. Anche la stima del rischio legato al farmaco ha un margine di incertezza troppo piccolo, tenuto conto del numero dei pazienti coinvolti. Visto che la pubblicazione ha indotto le autorità sanitarie di tutto il mondo a fermare l’uso dell’idrossiclorochina, la lettera aperta chiede che quella ricerca sia ora passata al setaccio: «È necessaria una validazione indipendente da parte di una commissione nominata dall’Oms». I firmatari chiedono impegni anche alla rivista Lancet: «Per ragioni di trasparenza, chiediamo di divulgare i commenti degli esperti chiamati a valutare la ricerca per accettarne la pubblicazione».

Il dubbio è che una ricerca su un tema così delicato sia stata pubblicata senza un adeguato controllo.