Due giovani in fuga, randagi per necessità, attraversano i paesaggi aspri e incantati della Sardegna: Anna scappa da un uomo violento , Basim ha lasciato la Costa d’Avorio e ora attraversa l’Italia sognando un futuro altrove. Subito, l’incontro. Lei è fragile, ha perso la voce in seguito a un trauma le cui circostanze si scopriranno poco alla volta. Lo è anche Basim, costretto a lasciar andare le illusioni per sopravvivere. Ma lui è orgoglioso. Reagisce. Insieme, i ragazzi si offrono reciprocamente fiducia e coraggio. Si mettono in cammino l’uno a fianco dell’altra provando ad avvicinarsi, a conoscersi e poi a sorreggersi, fin dove è possibile.

IL TEMPO di questo piccolo film, Fiore gemello, seconda regia di Laura Luchetti, si consuma infatti in un interstizio incastonato tra un passato nebuloso e un futuro che è ancora da scrivere, cercando di afferrare il presente con la piena consapevolezza della caducità delle cose. Ci si aggrappa con disperazione a ciò che è a portata di mano, sapendo che un istante dopo tutto può terminare. Fiore gemello è un film che respira nei suoi paesaggi, tra terra e cielo, vento e mare, tra il bianco delle saline e la luce rovente del sole. Respira nei paesaggi e nella flagranza dei corpi dei due giovani protagonisti, quasi un’estensione complementare l’uno dell’altra ma anche di quei luoghi da favola nera o da western.

Pur restando politicamente inchiodata al reale, la regista abbandona presto la strada del puro naturalismo, andando in una direzione originale che le permette di procedere in maniera astratta, quasi per segni e per tappe, affidandosi ai sensi: la paura, i desideri, l’amore. Con gentilezza e garbo più che con verosimiglianza e coerenza, cercando squarci di poesia persino nei luoghi abbandonati o nel silenzio di chi potrebbe fare domande ma generosamente decide di non chiedere. Quello dipinto da Laura Luchetti è un mondo ostile e spesso malvagio, territorio di conflitti arcaici, dove vige la legge del più forte. Un luogo dove, tuttavia, è ancora possibile incontrare inaspettati e sopravvissuti sprazzi di altruismo e umanità. Un ritratto dell’Italia che siamo certi, nonostante tutto, (r)esista ancora.