Il 17 questo mese cadeva di mercoledì, e non di venerdì, ma è stata ugualmente una pessima settimana per Trump: due sentenze “progressiste” della Corte suprema tra cui una sui giovani figli di immigrati, i Dreamers, che Trump voleva deportare e un libro esplosivo che l’amministrazione sta cercando di bloccare perché mette a nudo la corruzione strutturale di questa presidenza. Cominciamo dalla sentenza della Corte suprema sul Daca, il programma creato nel 2012 dal presidente Barack Obama.

Che lo avviò come misura provvisoria per proteggere dalla deportazione chi era arrivato negli Stati Uniti da bambino e non aveva la cittadinanza o la residenza legale perché i genitori erano clandestini. La Corte si è limitata a decidere a maggioranza che il modo in cui l’amministrazione Trump aveva cercato di chiudere il programma non era ammissibile, senza entrare nel merito.

SUL LIBRO di Bolton, di cui tutti parlano, si potrebbe osservare che d’ora in poi nei precetti del giornalismo americano la ricerca dello scoop, della notizia esclusiva, sarà sostituita dalla ricerca di old news, della notizia da resuscitare, riciclare, riverniciare.

Per esempio, il New York Times di ieri iniziava un suo articolo in prima pagina così: «John R. Bolton, l’ex consigliere per la sicurezza nazionale, ha in programma di pubblicare la prossima settimana un libro-bomba che descrive il presidente Trump come un leader corrotto, mal informato e sconsiderato, che ha usato il potere della presidenza per i propri obiettivi personali e politici anche a danno degli interessi della nazione».

UNA NOVITÀ? Chiunque avesse semplicemente letto la pagina di Wikipedia su Donald Trump nel 2015 avrebbe appreso che rifiutava di rendere note le sue dichiarazioni dei redditi, che tutta la sua carriera di uomo d’affari era costellata di accordi con tipi loschi, di intimidazioni, di speculazioni edilizie o di truffe vere e proprie, come la famosa «Trump University» che poi dovette chiudere, rimborsando gli ingenui che si erano iscritti.

E non solo Bolton ma tutti a Washington sapevano che entrando in carica Trump aveva rifiutato di liberarsi delle sue proprietà personali, come la legge lo obbligava a fare, sfruttando al contrario i suoi alberghi, club di golf e altre proprietà per raddoppiare i suoi introiti a spese di governi o lobby amiche, oltre che dei contribuenti americani. Dal gennaio 2017 ad oggi Trump ha effettuato 470 viaggi nelle sue proprietà in giro per gli Stati Uniti, tra cui 272 nei suoi campi da golf, seguito dagli agenti incaricati della sua protezione.

Ma poiché le guardie del corpo devono stargli vicine, la Trump Organization fattura le camere al governo: per esempio 650 dollari a notte per ogni agente del Secret Service che lo segue a Mar-a-Lago, oppure 17.000 dollari al mese per un cottage al Trump Golf Club Bedminster. Il conto di questi soli spostamenti si aggira fin qui attorno ai 100 milioni di dollari.

Naturalmente il partito repubblicano e vecchi arnesi della politica come Bolton sapevano perfettamente con chi avevano a che fare ma questo non ha impedito loro di sostenere Trump e difendere l’indifendibile pur di mettere le mani sulla Casa Bianca, anche se in questo caso sarebbe forse più esatto dire «sul bottino». Bolton ha fatto per 17 mesi il Consigliere per la sicurezza nazionale, minacciando guerre con l’Iran e con la Corea del Nord praticamente ogni giorno, solo per scoprire che a Trump i dittatori piacevano e che era veramente convinto di poter convincere Kim Jong-Un non solo a rinunciare alle sue armi nucleari ma anche a convertirsi allo stile di vita americano.

SCOPERTO che non era così, Bolton diede le dimissioni ma rifiutò di testimoniare di fronte alla Camera quando avviò la procedura di impeachment del presidente per il suo abuso di potere nel ricattare l’Ucraina allo scopo di calunniare il candidato democratico Joe Biden. Quando poi il processo a Trump iniziò davanti al Senato, la maggioranza repubblicana rinunciò ad ascoltare non solo lui ma tutti i potenziali testimoni che avrebbero confermato le accuse.

Ora Bolton, nel suo libro, sottolinea la volontà di Trump di intervenire nelle indagini del Dipartimento di Giustizia contro le società straniere per «fare favori personali ai dittatori che gli piacevano», come se la simpatia di Trump per Putin o Erdogan fosse un mistero. L’intralcio alla giustizia attraverso manovre di avvocati più cinici e corrotti di lui erano in realtà uno stile di vita per Trump, prima negli affari e poi in politica. Trump aveva implorato Xi Jinping di aiutarlo a essere rieletto aumentando gli acquisti di prodotti agricoli, il che avrebbe favorito il presidente negli stati del Midwest e lo stesso Trump non lo ha negato quando gli è stato chiesto mercoledì sera da Fox News.

IN REALTÀ non ce n’è stato bisogno: l’amministrazione Trump sta inondando di dollari Iowa, Kansas, Nebraska, Wisconsin e altri Stati governati dai repubblicani, trasformando i sussidi legati al Covid-19 in strumenti per ottenere un secondo mandato. Su questo fronte, però, le notizie sono mediocri: ormai tutti i sondaggi danno in vantaggio Biden di circa 8 punti percentuali su scala nazionale ma, soprattutto, lo collocano in buona posizione negli Stati più contesi fra repubblicani e democratici, come Ohio, Wisconsin, Pennsylvania e Florida, che saranno determinanti per il risultato nel collegio elettorale.