L’iperbolica scena annuncia già il delirio. Quel lettino da bimbo che occupa l’intero palcoscenico proietta l’incontro dell’uomo con la madre in una dimensione paranoide e irreale. La chiarezza delle parole quotidiane, nelle quali è facile riconoscersi, inciampa nella cinica «normalità» di una relazione affettiva irrisolta. Un emblematico duetto drammaturgico, scritto da Manlio Santanelli nel 1984, nel pieno della rinascita teatrale napoletana post eduardiana, torna sulla scena con la firma di Carlo Cerciello, regista che da qualche stagione sta rivisitando i testi di quegli anni con esiti eccellenti. Memorabile lo Scannasurice di Enzo Moscato affidato dal regista del Teatro Elicantropo all’esecuzione di Imma Villa, attrice anch’ella napoletana, capace di non far ripiangere la presenza scenica dello stesso Moscato.

ED È DI NUOVO lei, in coppia con Fausto Russo Alesi, a sostenere ora la partitura di questa Regina madre (al Piccolo Eliseo fino al 17 marzo), dramma della mente di un uomo rimasto agganciato ai suoi conflitti adolescenziali, personaggio all’apparenza convinto delle proprie azioni, ma poi debole, irascibile, implicabile. Un esercizio attorale vigoroso, in alcuni passaggio «aggiornato» da Cerciello, che cresce di intensità insieme alle aste del gigantesco lettino inventato da Roberto Crea, che il Figlio insiste col costruire lungo tutto lo spettacolo, ritrovandosi alla fine in una sorta di gabbia dalla quale è incapace di fuggire. Ai lati due pupi di misura naturale, Pinocchio a sinistra e la Fata Turchina a destra, immobili controfigure di una tragicomica pantomima familiare.

GIORNALISTA cinquantenne Alfredo torna a casa dell’anziana madre per accudirla e la trova sempre più ironica e spietata verso le sue scelte e nel confronto con il defunto marito-padre. Lo scontro anche linguistico si proietta nelle sonorità napoletane della madre, che con la disinvoltura delle sue parole scarnifica il figlio, e la figlia-sorella anche, quando a un certo punto questa compare per lo sdoppiamento della stessa Imma Villa. Nel rievocare le virtù del padre-marito Regina non esita a mortificare il figlio, si inventa prodezze e grandi passioni, farcite di venature comiche godibilissime. Ma Alfredo non è da meno nel sorprendere la madre con il racconto granguignolesco della morte di sua moglie, svelando quelle note fantastiche che innervano la scrittura attualissima di Santanelli.