Tre ore a palazzo Chigi per mettere a punto la tanto attesa riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario. La ministra della giustizia è tornata a incontrare il presidente del Consiglio e il sottosegretario Garofoli. Segno che l’incontro di mercoledì scorso era stato solo simbolico, quasi a prevenire il discorso del giuramento del presidente Mattarella che ha di nuovo chiesto velocità nella riforma della giustizia. Le elezioni del Csm si avvicinano (luglio, ma si può slittare) e le vecchie regole vanno cambiate.

Nessun commento alla fine, «stiamo lavorando» ha solo detto Cartabia ed è improbabile che i gli emendamenti siano pronti per il Consiglio dei ministri di questa settimana. Due i punti sui quali è stato necessario tornare. Il primo riguarda la vecchia questione del ritorno nelle funzioni dei magistrati che hanno svolto (o tentato) un mandato elettorale. Il vecchio testo Bonafede, che Cartabia al suo arrivo aveva deciso di tenere come base da modificare con emendamenti, prevedeva uno stop totale alle cosiddette «porte girevoli» tra magistratura e politica. La commissione incaricata dalla ministra di studiare le modifiche, presieduta dal costituzionalista Luciani, ha escluso in quanto incostituzionale questo divieto totale. Ai rappresentanti della maggioranza, la ministra aveva illustrato (oralmente) criteri in linea con questi suggerimenti: no allo sbarramento definitivo che penalizzerebbe i magistrati rispetto alle altre categorie, ma criteri assai rigidi per evitare casi imbarazzanti. Come quello del mancato sindaco di Napoli Maresca, che dopo aver perso la sfida con Manfredi è rimasto nel consiglio comunale a fare l’opposizione e contemporaneamente fa il giudice di appello a Campobasso. Incompatibilità, dunque, tra funzione giudiziaria e cariche elettive anche minori e stop lungo prima di tornare in magistratura da una carica politica.

Sull’onda del discorso di Mattarella, Forza Italia e Lega spingono perché si alzi invece un muro invalicabile tra toghe e politica. Il Pd mantiene le sue riserve in linea con le conclusioni della commissione Luciani, i 5 Stelle naturalmente vedono di buon grado il ritorno all’origine del testo Bonafede. Ieri sera in televisione Giuseppe Conte ha rivelato che «sul ritorno in magistratura dalla politica anche Draghi ha dei forti dubbi, su questo ci ritroviamo». L’altro punto dove Cartabia ha riaperto le conclusioni che aveva consegnato a palazzo Chigi prima di Natale è quello della legge elettorale per la componente togata del Csm. In questo caso la ministra aveva già scelto di non seguire i suggerimenti di Luciani, che propendeva per un sistema elettorale proporzionale con voto singolo trasferibile, optando per un lieve ritocco alla legge maggioritaria attuale. La spinta verso una qualche forma di sorteggio, magari preliminare per selezionare liste di pm e giudici sulle quelli votare, è sempre più forte e divide anche l’Associazione nazionale magistrati. Non basta infatti che un referendum consultivo tra le toghe abbia fatto prevalere il no al sorteggio – che l’attuale dirigenza considera incostituzionale -, la più piccola tra le correnti dell’Anm ha organizzato un sorteggio dimostrativo nella sede dell’associazione in Cassazione.