Mario Draghi ribadisce il suo mantra: «la crisi non è superata, ma ci sono segnali incoraggianti». Per lanciare avvisaglie di ripresa che – specie per i lavoratori – non sembrano all’orizzonte, Draghi ha scelto la tana del suo ultimo nemico, ovvero la Germania. Lunedì infatti uscirà un’intervista al presidente della Bce da parte dello Spiegel, nella quale Draghi sembra voler confortare i tedeschi: «c’era la paura perversa che le cose andassero verso il peggio», ha spiegato Draghi, «ogni volta si diceva: per l’amor di Dio, questo italiano distrugge la Germania», mentre invece è accaduto il contrario, poiché «l’inflazione è bassa e l’insicurezza è diminuita». Tutto ciò secondo Draghi, «rappresenta un miglioramento che è andato oltre le previsioni di un anno fa»
La polemica con la Germania si riferisce invece alla decisione della Bce di tenere bassi i tassi di interesse: quando venne deciso questo provvedimento la Germania insorse, ritenendo che la manovra avrebbe peggiorato la situazione dei risparmiatori tedeschi. Secondo Draghi questo non sarebbe accaduto, anzi, l’economia si starebbe riprendendo, le disuguaglianze nel commercio europeo si stanno riducendo e i deficit di bilancio sarebbero in diminuzione.
Nelle ultime settimane inoltre Draghi era entrato in conflitto con la Germania, dopo aver appoggiato il ministro dell’economia italiana Saccomanni riguardo il progetto – poi arrivato a conclusione – dell’Unione Bancaria Europea.
Nell’intervista al settimanale tedesco di Amburgo – i cui stralci sono stati riportati dall’Agi – il presidente della Bce conferma che non esistono margini per un ulteriore abbassamento del tasso di interesse, fissato allo 0,25%. «Al momento non vediamo alcuna necessità di un’azione immediata», ha spiegato, precisando che non è nemmeno il caso di parlare di deflazione, in quanto «non abbiamo una situazione di tipo giapponese». Riguardo alle conseguenze della decisione della Fed di ridurre gli acquisti di titoli, per Draghi «finora le reazioni dei mercati hanno mostrato che l’annuncio della Fed non ha avuto grossi effetti. La capacità di resistenza dei mercati é maggiore di quella di un anno fa».
Il capo della Bce quindi continua a porsi a capo di una linea di austerity che tende a tracciare una strategia alla quale tutti dovrebbero attenersi. Le uscite pubbliche di Draghi infatti, cercano di ritagliare uno spazio di manovra a quei governi, tra i quali quello italiano, che hanno fatto dei tagli e dell’austerità, condita da misteriosi avvistamenti di segnali di ripresa, la propria politica economica per fronteggiare il sesto anno di crisi consecutiva. Così, mentre le statistiche raccontano paesi in cui divampano disoccupazione e che diventano il tragico teatro di cessazione di attività e fallimenti di piccole e medie imprese, quasi sempre basate su lavoro autonomo e partite Iva, Draghi e i suoi accoliti predicano le riforme strutturali che dovrebbero risolvere la situazione: risanamento dei conti e «riforma strutturale del mondo del lavoro»