«Se continua così si chiude e tutti a casa»: l’incidente notturno in commissione Bilancio della Camera, con il governo andato sotto quattro volte sul milleproroghe – non su particolari ma su questioni importanti come il tetto al contante e l’Ilva e con la maggioranza ormai in ordine sparso – ha fatto suonare sirene da massimo allarme a palazzo Chigi.

IL PREMIER HA DECISO di intervenire subito prima che la spinta centrifuga diventi ingovernabile. Prima un incontro con il capo dello Stato, con l’Ucraina come piatto forte ma senza dimenticare lo sfilacciamento della maggioranza, poi Draghi ha convocato e affrontato a muso duro i capidelegazione: «Ci vuole più realismo e meno idealismo. Il governo è qui per fare le cose. Il Parlamento deve garantire i voti. Se non è così il governo non va avanti». Non è precisamente il ruolo che la Costituzione assegna al Parlamento quello di alzare la mano per approvare i provvedimenti dell’esecutivo ma tant’è. Che fosse questa la visione di Draghi, uomo delle banche e non della politica parlamentare, si era già capito.

DOPO LA SVOLTA DEL COLLE però qualcosa di profondo nel rapporto tra premier e maggioranza è cambiato. Stavolta, dopo la sfuriata, i capidelegazione hanno replicato per le rime chiedendo a loro volta una sterzata: «Anche il governo deve cambiare metodo e coinvolgere i partiti nelle decisioni». Botta e risposta: «C’è stato un ampio coinvolgimento dei partiti, ma le critiche sono arrivate lo stesso». Il “chiarimento” è durato meno di un’ora. Quanto abbia risolto è incerto. Già nei prossimi giorni e settimane la compattezza non solo della maggioranza ma anche, anzi soprattutto di governo e maggioranza, sarà messa alla prova da due stress test di impatto potenzialmente enorme: il decreto contro il caro bollette e il Superbonus.

IL DECRETO SARÀ VARATO dal cdm oggi. Nel vertice di ieri sera l’argomento non sarebbe stato neppure sfiorato, era in compenso stato ieri mattina al centro di un nuovo consiglio di guerra, presenti il ministro dell’Economia Franco, il capo di gabinetto del Mef Chiné, il Ragioniere generale dello Stato Mazzotta e il sottosegretario di fiducia di Draghi, Garofoli. La situazione è tesa su entrambi i fronti che il cdm affronterà oggi: quello strategico, con scelte destinate a dare i loro frutti più in là, e quello immediato, il sostegno per le bollette di marzo.

PER PREPARARSI A REGGERE l’impennata dell’energia nei prossimi mesi il governo punterà sull’accelerazione del passaggio alle rinnovabili ma anche sul raddoppio della produzione di gas italiano. Una prospettiva che provoca una vera insurrezione delle associazioni ambientaliste, Greenpeace, Legambiente e Wwf. Definiscono la scelta di raddoppiare la produzione «una soluzione tampone, scellerata e insensata».

Dà loro man forte, dall’interno della maggioranza, la capogruppo di LeU al Senato De Petris, che bolla il progetto del governo come «sbagliato, inutile e dannoso». Non è una voce isolata. Sull’eventuale ripresa delle trivellazioni buona parte del M5S è sulla stessa linea. La mediazione del governo dovrebbe essere puntare sui pozzi già esistenti, molti dei quali vanno però riattivati, evitando però nuove trivellazioni in mare. Non è detto che basti a placare gli animi.

IL CAPITOLO SOSTEGNI è la voce più urgente. Proteste e richieste di azione immediata si moltiplicano, ieri è stato il turno degli agricoltori, a Roma con tanto di trattori. Salvini chiede uno stanziamento di 4,5 o 6 mld. L’idea del governo è una proroga delle misure varate per contrastare l’aumento della bolletta precedente: congelamento degli oneri di sistema, sterilizzazione dell’IVA sul gas, aiuti per le fasce più povere. La spesa sarebbe simile a quella del trimestre scorso: difficile fare di più e arrivare ai 7 mld di cui si è parlato nei giorni scorsi senza scostamento di bilancio, che per Draghi e Franco resta tabù.

Il problema è che nonostante i 5 mld messi in campo l’aumento è stato comunque del 131%. Per questo a parlare di scostamento, ieri, non era più il solo il ministro 5S Patuanelli, che insiste da giorni, ma anche Salvini e il segretario della Cisl Sbarra.

Non è chiaro se oggi il cdm affronterà anche l’altro tema rovente, quello della cessione del credito per il Superbonus. Resta un terreno minato, tanto più dopo l’incidente sul milleproroghe. Da giorni infatti in Parlamento si parla apertamente di modificare l’emendamento sul Superbonus se i partiti non riterranno soddisfacente la mediazione di Draghi. Sarebbe un incidente fatale.