Dopo la sentenza, è arrivato il momento di un «coming out» transessuale con tutti i crismi: da oggi in poi la «talpa» del caso Wikileaks è Chelsea Manning. I problemi di «disforia di genere» di Manning erano stati ampliamente illustrati dalla difesa durante il dibattimento. Ma Manning ha voluto aspettare che si chiudesse il suo processo prima di dare l’annuncio letto dal suo avvocato in tarda serata mercoledì: «Come transizione verso questa nuova fase della mia vita, voglio che tutti conoscano il mio vero «io». Sono Chelsea Manning. Sono una donna. Dato il modo in cui mi sono sempre sentita fin dall’infanzia, voglio iniziare una terapia ormonale il prima possibile. Spero mi sosteniate durante questa transizione». Ma l’esercito a stelle e strisce non fornisce questo tipo di terapia. Una portavoce di Fort Leavenworth, la prigione militare nel Kansas dove probabilmente Manning sconterà la pena, ha detto che «ai reclusi non vengono forniti riassegnazioni del sesso o terapie ormonali».Manning ha chiesto che «a partire da oggi, vi riferiate a me con il mio nuovo nome e utilizziate il pronome femminile (eccetto nell’indirizzo delle lettere ufficiali alla prigione)». Durante il dibattimento la difesa aveva mostrato una foto di Chelsea con abiti femminili che Manning aveva inviato ai suoi superiori con oggetto «il mio problema» e per il quale non aveva mai ricevuto risposta.