Con due fiducie, 208 sì nel primo voto sull’articolo 1 della legge delega di riforma del processo penale e 200 sì nel secondo voto che era sull’articolo 2 che riscrive con effetto immediato le regole della prescrizione, il senato ha blindato la prima delle riforme della giustizia presentata dalla ministra Cartabia.

Oggi, giovedì 23 settembre, ci sarà il voto finale sul provvedimento, dopo di che il governo avrà un anno di tempo per esercitare la delega.

A regime (dopo il 2024) secondo il governo che lo ha scritto nel Pnrr le nuove norme dovrebbero consentire una riduzione del 25% dei tempi della giustizia penale.

Molti gli assenti nella maggioranza soprattutto nella seconda votazione. Tra quelli non giustificati perché non in missione anche il capogruppo del Movimento 5 Stelle Ettore Licheri, il leader della Lega Matteo Salvini e il leader di Italia viva Matteo Renzi, che pure nel pomeriggio era intervenuto per benedire la riforma che a suo giudizio corregge i difetti della precedente riforma Bonafede. Molti posti vuoti anche tra i banchi di Forza Italia.

La mediazione più difficile per la ministra della giustizia è stata proprio quella necessaria a superare la cancellazione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, così come prevista dall’ex ministro Bonafede ai tempi del governo M5S-Lega. Una norma in base alla quale i processi di appello e Cassazione avrebbero potuto avere una durata infinita, quando il nostro paese è in cima alla lista dei condannati dal Consiglio europeo per la durata irragionevole delle udienze che da noi è doppia di quella del secondo paese sulla lista nera, la Turchia.

La soluzione passata con la doppia fiducia, ad agosto alla camera e ieri al senato, riguarda solo i reati commessi dopo il 1 gennaio 2020 ed entrerà in vigore pienamente solo dal primo gennaio 2025.

A regime, dopo la sentenza di primo grado, i processi in appello e Cassazione potranno durare non più di due anni e un anno, con la possibilità per il giudice di chiedere una proroga motiva di un anno in appello e di sei mesi in Cassazione. La regola della improcedibilità non si applica ai reati punibili con l’ergastolo e ha delle eccezioni per i reati del «secondo binario», quello di mafia e terrorismo, stavolta allargato a violenza sessuale e traffico di stupefacenti: in questo caso non c’è limite al numero delle proroghe che il giudice può chiedere in ragione della complessità del processo. Mentre c’è un limite più alto (due proroghe invece di una) per i reati commessi con l’aggravante del metodo mafioso.

Tutte le decisioni del giudice sulle proroghe sono ricorribili in Cassazione. Per i reati commessi fino al 31 dicembre 2024 i tempi di durata massima dei processi sono aumentati del 50%: tre anni in appello e un anno e mezzo in Cassazione. Poi scatta l’improcedibilità.