La recente tragedia di Pioltello ha acceso i riflettori sulle macroscopiche lacune di un sistema, quello delle ferrovie lombarde, che da qualche decennio spicca per inefficienza. Non da oggi. Le responsabilità dell’accaduto le accerteranno i magistrati. Ma lo stato in cui versano i treni locali è il prodotto di un uso dissennato delle risorse pubbliche, finite per lo più in autostrade e alta velocità. Una politica che negli ultimi 15 anni è stata assunta con forza dalle giunte di centro-destra, ma ha trovato sponde in tutti gli schieramenti.

E la manutenzione è un tassello dello stesso mosaico, con qualche distinguo. Assodato che gli standard di sicurezza sono tra i più alti d’Europa, i conti non tornano. Se dall’anno scorso Rfi ha assunto 1450 manutentori significa che qualche problema c’è, anche se dal 2012 gli investimenti nel settore sono cresciuti del 70% a quota 1,7 miliardi. Se i fondi governativi per la sicurezza sono più che triplicati in questo triennio, dal 2008 i trasferimenti alle regioni per le ferrovie sono crollati da 6,2 a 4,8 miliardi e i sindacati denunciano continue esternalizzazioni dei controlli per contenere i costi. Una schizofrenia che da la misura di una mancanza di strategia, in un paese che tutt’oggi non dispone di un vero piano nazionale dei trasporti.

Tornando all’efficienza, Trenord e Regione Lombardia hanno speso 1,6 miliardi per 161 nuovi convogli, pronti nel 2020. Ben prima però Stato e Regione (soprattutto il primo) hanno stanziato 1,95 miliardi a fondo perduto per tre autostrade – Brebemi, Tangenziale esterna (Teem) e Pedemontana – in profondo rosso e carenza cronica di traffico. Soldi che potevano essere impiegati più utilmente per alleviare le pene dei 700mila pendolari lombardi. Oppure in prevenzione, manutenzione, messa in sicurezza del territorio.

Pedemontana, oggi a un terzo del tracciato, è già costata più di 2 miliardi alla collettività tra contributi pubblici, defiscalizzazioni, svalutazioni e perdite. Senza contare il fondo di 450 milioni varato dalla giunta Maroni a garanzia dei (futuri) prestiti bancari e le somme ancora da stanziare, certe ed eventuali (350 milioni di aumenti di capitale, contenziosi, garanzie aggiuntive) che potrebbero far lievitare a dismisura il conto. La stessa Brebemi, costata ai cittadini 320 milioni (260 dello Stato e 60 della Regione) ha già perso 150 milioni in tre anni di esercizio. E potremmo continuare, spulciando nei conti delle nuove arterie padane.

Ma curiosamente le autostrade continuano ad essere l’asse portante delle politiche infrastrutturali lombarde. Nel piano dei trasporti messo a punto dalla giunta leghista nel settembre 2016 si contano 331 km di nuove autostrade, su 715 di dotazione esistente, incluse arterie che si pensava estinte naturalmente come la Cremona-Mantova e la Broni-Mortara, bocciata recentemente in sede di valutazione ambientale.

La spesa è ingente: 10,9 miliardi, di cui 3,5 provenienti da Stato, Regione o Anas, cioè dai cittadini. Strade e autostrade costeranno 17,6 miliardi, di cui 7,7 pubblici. Alle ferrovie andranno 15,9 miliardi, ma di questi ben 8,2 sono destinati all’alta velocità Treviglio-Verona e Milano-Genova. Le coperture sono ovviamente inferiori e mancano all’appello parecchi miliardi: 9,7 sulle ferrovie e 10,5 sulle strade. Per questo bisognerà fare delle scelte che, stando al piano regionale, sembrano segnate: autostrade e alta velocità.

Parliamo di operazioni capaci, guarda caso, di mobilitare un’ampia filiera – imprese, costruttori, consulenti, studi legali, ecc. – facilmente declinabile in consenso o finanziamenti diretti alla politica, alle prese con la contrazione dei contributi pubblici, molto più di quanto garantirebbero stanziamenti in sicurezza o in materiale rotabile sulla rete locale. Anche la sproporzione delle cifre è evidente. La sola Pedemontana metterà in circolazione più di 5 miliardi per 90 km di asfalto, oltre a svariate centinaia di milioni di manutenzione ordinaria e straordinaria lungo l’arco della concessione, con centinaia di imprese coinvolte.

Il fatto che il nostro paese abbia già una densità autostradale tre volte maggiore della media europea e la Lombardia sia al terzo posto tra i paesi dell’Unione, dopo Germania e Paesi Bassi, è davvero poco importante