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Dopo l’Orso d’oro, Rasoulof deve tornare in prigione

Dopo l’Orso d’oro, Rasoulof deve tornare in prigioneMohammad Rasoulof

Cinema Il regista iraniano di «There is no evil» ha ricevuto l’ordine di carcerazione: un anno di prigionee due senza girare film

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 6 marzo 2020

Mohammad Rasoulof andrà in prigione. Non è passata neppure una settimana dalla serata finale della Berlinale che ha visto il trionfo – con standing ovation dell’intera sala – del suo There is No Evil, che il regista iraniano ha ricevuto l’ordine di carcerazione. La condanna – un anno di detenzione e due anni senza girare film – riguarda il suo precedente A Man of Integrity (2017), accusato dal regime di Tehran di «propaganda contro il sistema». Rasoulof però, secondo quanto ha dichiarato il suo avvocato, ha intenzione di opporsi a questa decisione a causa dell’epidemia di Coronavirus che in questi giorni sta dilagando anche in Iran, e che ha costretto il governo a liberare almeno 54000 detenuti per evitare la diffusione del contagio attraverso il sistema penale.

PREMIATO con l’Orso d’oro There is No Evil – che in Italia sarà distribuito da Satine – intreccia quattro storie intorno alla pena di morte interrogando il senso di responsabilità e le scelte di ciascuno in un sistema autoritario. Come suggerisce il titolo «Il male non esiste», esistono le nostre azioni, i nostri gesti, le decisioni di opporsi o di accettare facendo finta di nulla. Alla Berlinale la sedia del regista è rimasta vuota, e sul palco insieme al cast e alla troupe del film è salito solo «virtualmente» collegato al telefono di sua figlia, Baran, anche tra le interpreti, che ha ritirato l’Orso.
Rasoulof era stato messo sotto processo insieme a Jafari Panahi già nel 2011, entrambi erano stati condannati a sei anni di carcere (che a Rasoulof sono stati ridotti in appello a uno), a non girare più nulla nei successivi vent’anni, a non lasciare l’Iran per «propaganda contro il sistema». I due registi stavano lavorando al progetto di un film sull’«Onda verde», il movimento di protesta che aveva attraversato il Paese chiedendo un rinnovamento politico a cominciare da un nuovo presidente al posto di Ahmadinejad.

DA ALLORA Panahi non ha più lasciato il Paese – pur sfidando la censura con nuovi film presentati nei festival di tutto il mondo. Rasoulof viene invitato a Cannes con Goodbye – che vince un premio – ma non può andarci. Due anni dopo partecipa a un festival dei diritti umani in Germania, e al suo rientro le autorità iraniane gli confiscano il passaporto in aeroporto. «Quando ti opponi al potere che responsabilità ti assumi? – diceva il regista alla Berlinale nell’incontro stampa via Skype – E quale prezzo devi pagare? Nel mio caso posso dire che sto resistendo, sono stato privato di molto ma sono felice della mia scelta. Anzi penso che i risultati di questa resistenza siano positivi, mi danno maggiore energia per continuare a oppormi all’assurdo sistema di censura in cui viviamo».

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