«Quella di Gioia Tauro è stata la scelta giusta, oggi lo ha dimostrato». È in forma smagliante il ministro dell’Ambiente, Gianluca Galletti, incontrando i giornalisti a Gioia Tauro dopo il suo sopralluogo nel porto alle operazioni di trasbordo delle armi chimiche, sottolineando «la professionalità e la tecnologia avanzata di cui l’Italia è all’avanguardia». Galletti ha specificato che «non si tratta solo di un’operazione tecnica, ma di riaffermare il valore della sicurezza e della pace nel mondo». »L’Italia è capace di fare cose belle che molte parti del mondo ci invidiano», ha aggiunto concludendo che «qui si è scritta oggi una buona pagina per il Paese».

Il ministro si è detto soddisfatto per come è stata gestita tutta l’operazione del trasbordo delle armi chimiche, fin dalla fase preparatoria: «Quando la popolazione ha delle preoccupazioni, l’informazione e la trasparenza hanno insegnato che pagano. Lo dimostra la tranquillità di oggi». Ma fuori dalle veline governative, non tutto è filato per il verso giusto. I Vigili del fuoco saliti sul cargo danese Ark futura per un operazione cosiddetta di bunkeraggio hanno scoperto una serie di scorie già trattate e imballate, dunque già pronte per la Germania. «È chiaro che una parte dell’idrolisi è stata già fatta a largo durante il viaggio fuori dai programmi prestabiliti» ci spiega Tonino Jiritano dell’Usb. In tutta questa vicenda dell’arsenale chimico, in effetti, c’è un elemento di non detto, aspetti tenuti riservati fino all’ultimo e particolari che non verranno mai chiariti. A cominciare dalla fase successiva al trasbordo, quella nota come idrolisi. La Cape Ray, la nave statunitense, dovrebbe portare gli agenti chimici trasbordati a Gioia in una zona del mar Mediterraneo ad ovest dell’Isola di Creta, dove subirebbero il trattamento mediante idrolisi. A tal rigurado sulla Cape Ray sono stati installati due sistemi Field Deployable Idrolisi System che neutralizzano gli agenti chimici mescolandoli con acqua e altri reagenti come idrossido di sodio e ipoclorito di sodio e poi riscaldandoli fino a trasformarli. Le scorie risultanti dal trattamento saranno inviate verso altri paesi in primo luogo la Germania. «Ma non è detto che non vengano usate per produrre altre armi» eccepiscono i pacifisti di Sos Mediterraneo.

Che non sono tranquilli sull’idrolisi in mare aperto. «Il metodo che si utilizza per distruggere sostanze così nocive è sempre stato la combustione. E le volte che si è scelta l’idrolisi lo si è fatto in porto». Inoltre il cargo americano è una nave vecchia, fabbricata nel 1977. E farebbe questa operazione non nell’Oceano ma nel Mediterraneo che è un mare chiuso dove il vento soffia a 6,5 Beaufort. «Se il vento dovesse soffiare a più di tre nodi bisognerà sospendere le operazioni». Galletti ha detto che l’operazione è rispettosa dell’ambiente e dell’ecosistema. Non di questo avviso gli scienziati greci dell’Università di Creta secondo cui «queste sostanze chimiche sono miscele di agenti tossici e velenosi che non possono essere del tutto inattivate in modo da non far danniagli organismi viventi solo con l’idrolisi. È un metodo estremamente pericoloso con conseguenze nefaste per l’ambiente mediterraneo e i popoli vicini. Si rischia la necrosi assolutadell’ambiente interessato e l’inquinamento marino tra il mar libico e il mar di Creta». Galletti sul punto è stato reticente e non si è pronunciato. Così come rimane il dubbio che questo materiale di risulta venga effettivamente neutralizzato oppure riciclato per costruire nuovamente armi. Il trasbordo procede a ritmo di 6/7 container all’ora. Nel mentre, all’esterno, fuori dalla zona di sicurezza, un gruppo di persone contesta sotto il sole. Indossano magliette con scritto: «Ci state ammazzando di tumore». Firmato: la Piana di Gioia Tauro.

Si tratta dei residenti del quartiere Fiume, nel quale ricadono tutti gli impianti compreso il termovalorizzatore. Con loro ci sono anche i bambini. E la loro protesta, spiegano, è legata, oltre che al trasbordo, anche alla presenza di tutti gli stabilimenti che loro ritengono nocivi. Galletti anche sul punto indossa i panni del pompiere e rassicura: «Su questa area abbiamo già avviato con l’Arpa un programma finanziato con fondi europei, nei fondi di coesione, di monitoraggio di alcune zone sulle quali è stata segnalata la presenza di rifiuti pericolosi». Ma in pochi ci credono. A queste latitudini hanno imparato a diffidare di facili promesse e vane illusioni.