Cinque anni fa scoppiava il dieselgate: l’Agenzia statunitense per la protezione ambientale (Epa) scoprì che vetture vendute dal gruppo Volkswagen negli Stati Uniti erano state truccate per aggirare le normative ambientali sulle emissioni di ossidi di azoto (NOx) e di inquinamento da gasolio. Questo grazie a un software istallato illegalmente che permetteva di disattivare, una volta terminato il tempo necessario all’esecuzione del test per l’omologazione, i sistemi di controllo sulle sostanze inquinanti emesse. Il nuovo amministratore delegato, subentrato al precedente dimessosi per lo scandalo, fece sapere che erano almeno 11 milioni le auto manipolate in circolazione in tutto il mondo; nel frattempo si scoperchiava il vaso di Pandora, il ciclone arrivava in Europa e si allargava ad altre case automobilistiche come Daimler, Audi, Opel. Nella sola Unione Europea le auto coinvolte furono 43 milioni. Avrebbero dovuto essere richiamate per la sostituzione dei software installati per truccare i test sulle emissioni, ma non è stato così. Secondo una l’elaborazione dell’associazione Transport&Environment, sulla base dei dati forniti dalla Commissione europea, solamente 10 milioni di automobili, ¼ del totale , sono state ritirate e ricondizionate. Invece 33 milioni di automobili stanno ancora circolando liberamente in Europa con i software incriminati.

QUESTE MACCHINE VANNO A COSTITUIRE il monte complessivo di 51 milioni di macchine fuorilegge che avvelenano l’aria in Europa. Sono i diesel Euro 5 ed Euro 6, i cui motori sono ancora accesi non solo a causa del diesel gate ma anche perché ai costruttori è stato permesso di continuare a vendere i veicoli che avevano ricevuto l’omologazione secondo i vecchi test di laboratorio. Sempre sulla base dei dati elaborati da Transport &Environment, la prima per numero di auto fuorilegge è la Germania con 9.9 milioni di unità. Seguono la Francia (9.8), il Regno Unito (8.5) e l’Italia, che guadagna il 4° posto con 6 milioni e 600 mila diesel sporchi in circolazione. Il principale responsabile del perdurare di questo pericolo è ancora il Gruppo Volkswagen. È suo un quinto dei diesel sporchi attualmente circolanti in Europa: 11.6 milioni di automobili. Renault Nissan contribuisce con 8.1 milioni e PSA, con 7.2.

Oltre che per gli scandali, il diesel è da tempo in disgrazia perché è ormai noto che dalla sua combustione si produca una quantità maggiore, rispetto ad altri combustibili come benzina e metano, di sostanze quali gli ossidi di azoto. Il biossido di azoto NO2 è un gas fortemente irritante, capace di danneggiare le membrane cellulari e le proteine. A concentrazioni elevate, come quelle che si registrano nelle grandi città, causa infiammazioni delle vie aeree (tosse, bronchiti, oppressione toracica e difficoltà di respirazione), e può portare al restringimento delle vie aeree polmonari. Studi recenti associano a livelli elevati di biossido di azoto – non dissimili a quelli che si riscontrano in molte città – un incremento dell’incidenza di leucemie infantili1. Una particolarità del biossido di azoto è che reagendo con altre sostanze presenti in atmosfera, contribuisce alla formazione di particolato ultrafine, il PM2,5 ancora più sottile del PM10 e più pericoloso perché è capace di penetrate in profondità attraverso il sistema respiratorio ed entrare in circolo nel sangue. Inoltre gli ossidi di azoto, contribuiscono anche alla formazione dell’ozono, sostanza che se negli strati alti dell’atmosfera ci protegge dalle radiazioni UV, negli strati bassi dove viviamo noi è tossico e irritante. All’esposizione ad alti livelli di NO2 e PM2,5 si riconducono danni gravi, anche irreversibili, e in ogni fase della vita. Diversi studi scientifici hanno evidenziato un la riduzione del peso alla nascita dei neonati e dello sviluppo polmonare nei bambini e l’insorgenza di altre patologie come aterosclerosi e diabete di tipo 2. Le ultime ricerche hanno ormai accertato che l’NO2 può procurare un danno al sistema cognitivo di bambini e demenza precoce negli anziani. Secondo il report 2020 dell’Agenzia Ambientale Europea sulla qualità dell’aria, le morti premature attribuite al biossido di azoto sono state 54 mila. L’Italia, con 10.400 decessi, è la prima della classifica.

PER QUANTO RIGUARDA I MOTORI DIESEL, in termini di emissioni c’è un abisso fra un motore euro 3 o 4 e i più recenti euro 5 e 6, dotati di un sistema che riduce le emissioni di ossidi di azoto. Anche se , come rivela sempre Transport & Environment , nelle prestazioni su strada molti veicoli classificati euro 5 e 6 in realtà non rispettano i limiti. Inoltre i motori diesel dovrebbero produrre meno anidride carbonica. La circolazione di alcuni di essi infatti è ancora consentita, ma non all’infinito. Città come Milano, hanno intrapreso una tabella di marcia che vedrà scomparire del tutto i diesel dal 2029 in poi. Ma nel frattempo qualcosa si può fare. Esistono sistemi che possono rendere i motori diesel comparabili in termini di emissioni a quelli a benzina. Se dalla Germania è arrivato il problema, sempre dalla Germania si affacciano le soluzioni, sia in termini tecnologici che politici. I riduttori selettivi catalitici (SRC) ad esempio sono dei dispositivi che iniettando ammoniaca nel motore consentono un abbattimento delle emissioni sino al 95% e possono essere installati sui diesel più sporchi Euro 5 e 6 con un costo medio di tremila euro. Il che comporta comunque un aumento non indifferente del costo per le nuove auto diesel, e quindi alcune case automobilistiche hanno rinunciato alla motorizzazione a gasolio per i modelli più piccoli ed economici.

INOLTRE SEMPRE IN GERMANIA diverse case automobilistiche hanno accettato di contribuire in parte ad un fondo di 250 milioni a sostegno della mobilità urbana dolce per aiutare le città ad affrontare l’inquinamento. Uno stanziamento che potrà essere usato per potenziare trasporti pubblici, planning urbano e magari ridurre i costi dei servizi di trasporto per i cittadini. Alla luce di questo, associazioni come Cittadini per l’aria, da anni in prima linea in Italia nel monitoraggio e nella denuncia di tutte le forme di inquinamento atmosferico e nella lotta per la salute dei cittadini, chiedono un’assunzione di responsabilità da parte delle case automobilistiche, istituendo un fondo analogo a quello ottenuto dalla Germania a supporto delle città. E ai sindaci, da parte loro, di attivare al più presto sistemi di divieto all’ingresso per i diesel nelle città.