Nina Leone alza la Costituzione prima di varcare il cancello della storica porta 2 di Mirafiori: «Se non ci fosse stata la nostra Carta, non saremmo rientrati, qui. Torniamo grazie a lei». Operaia, in Fiat dal 1988, e delegata Fiom ieri, insieme ai suoi compagni, ha ripreso possesso della saletta sindacale da cui le tute blu della Cgil erano state sfrattate all’indomani dell’accordo separato, il 4 gennaio 2012. All’inizio dello scorso settembre, il Lingotto ne aveva annunciato la riammissione, in ottemperanza alla sentenza della Corte costituzionale. I 15 delegati Fiom sono rientrati in fabbrica portando i quadri e le foto storiche, che quasi due anni fa avevano dovuto traslocare. Gramsci, Berlinguer, Sabattini e Trentin, un filo rosso che univa partito e sindacato.
L’esilio è finito dopo 653 giorni. Tanti, in cui la Fiom non ha smesso di fare sindacato, costretta alla «clandestinità» fuori da quei cancelli, dove ieri è stato appeso lo striscione: «Noi siamo ancora qua. Eh già…», citando Vasco Rossi. Non è andato tutto per il verso giusto. All’ingresso, i delegati sono stati bloccati dalla vigilanza, che sosteneva dovessero entrare con il pass di «visitatori». Si è innescata una polemica. «Noi non siamo visitatori, siamo lavoratori e delegati, l’azienda era stata avvertita attraverso una lettera del nostro arrivo». La situazione si è poi sbloccata. E la Fiom ha ripreso la sua sala. «Avevamo detto che saremo rientrati dalla porta principale, così è stato. Torniamo per effetto di una sentenza» commenta Federico Bellono, segretario torinese dei metalmeccanici.
Cosa significa questo ritorno? «Parlare di una fase diversa nei rapporti con il Lingotto – sottolinea Bellono – è prematuro. Certo, è stata aperta un’altra pagina. Fallita l’idea che chi dissente deve starsene fuori, la Fiat recepisce la sentenza della Corte costituzionale, senza aspettare l’esito dei ricorsi da noi presentati. Non vuol dire disgelo. Se ci sarà spazio per riaprire relazioni industriali, magari dure e complicate, ma reali e più normali, è tutto da verificare. Ora, cambia il tavolo di gioco. Dopo aver riconquistato l’agibilità sindacale, ora dobbiamo riconquistare un ruolo negoziale. Non semplice con una Fiat che non vuole discutere. Non facile, soprattutto in questa fase piena di cassa integrazione e poco lavoro. È la nostra sfida».
Il gigante Mirafiori dorme. Lavorano per pochissimi giorni al mese solo gli operai addetti alla linea della MiTo, 1.500 persone in tutto più qualche altra in distacco temporaneo alle Officine Maserati di Grugliasco. Gli altri lavoratori delle Carrozzerie, quasi 4 mila, sono in cig da oltre un anno. Il suv previsto non sarà prodotto prima della metà del 2015. Tra i lavoratori, ieri, anche Giorgio Airaudo, parlamentare Sel, che nei giorni bollenti del referendum aveva guidato il fronte dell’opposizione. «Non ho mai dubitato del fatto che sarebbero rientrati. Lo consideravo un debito da saldare, li ho visti uscire nel silenzio generale e ora sono qui con loro». Su Twitter, Vendola ha parlato di ritorno «a testa alta e con schiena diritta».
I lavoratori in servizio hanno accolto con soddisfazione i delegati: «Finalmente non siamo più soli, ci hanno detto» racconta Nina Leone. «La fabbrica è quasi ferma e non c’è traccia di nuovi impianti, né di movimenti che fanno presagire novità. Sappiamo che l’azienda ci metterà in difficoltà, le ore di permesso sindacale sono state ridotte a 8. Noi riconquisteremo il tavolo di contrattazione con i lavoratori. L’unica strada, come insegnava Sabattini».