La prima intervista di Obama dopo l’elezione di Donald Trump radiografa il tempo della crisi. Vorrebbe essere ovunque fuorché lì, vorrebbe essere così tranchant e invece sembra quasi terreo, spento; risponde ai giornalisti convocati alla Casa bianca spostandosi sugli argomenti – tutti relativi a Donald Trump – come se danzasse sui cristalli: ogni parola è soppesata, meditata, volta a rassicurare che Trump «farà del suo meglio»; in realtà Obama sta prefigurando un futuro disastroso che da presidente e soprattutto da americano non è possibile verbalizzare, eppure da quegli occhi e dalla spossatezza traspare un disagio infinito. E adesso? Lo stesso...