È morto don Roberto Sardelli, uno dei preti più popolari di Roma, il prete “delle baracche”, sempre dalla parte degli ultimi, dei più deboli e degli oppressi. Era nato a Pontecorvo (dove si celebreranno i funerali oggi, 20 febbraio) nel 1935. Nel 1968 aveva abbandonato la parrocchia per vivere con i baraccati dell’Acquedotto Felice. L’anno scorso l’Università di Roma Tre gli aveva conferito la Laurea Magistrale Honoris Causa in Scienze Pedagogiche ad attestare il suo lungo impegno di Maestro accanto ai ragazzi. Figura singolare nel panorama italiano aveva conosciuto don Lorenzo Milani e la scuola di Barbiana e ne era rimasto affascinato.

ORDINATO Sacerdote nel 1965, ebbe l’incarico parrocchiale presso la chiesa di San Policarpo al Tuscolano, vicino all’Acquedotto. Don Roberto scelse, dopo pochi mesi, di vivere insieme ai baraccati, per lungo tempo, facendosi carico anche dei malati di Aids, allora malattia incurabile. Lì si prodigò in ogni modo per fare doposcuola ai ragazzi tentando di convincerli che non erano inferiori ai loro coetanei che vivevano nei palazzi di via Tuscolana. Nacque così la “Scuola 725” (dal nome del numero civico) che rappresentò, per quei tempi, un incredibile esperimento pedagogico per i più poveri.

Raccontano i ragazzi di quella scuola che il primo giorno che arrivò don Roberto, si presentò con un libro Americani e Vietcong anziché con dei libri di catechismo. Faceva lezioni con la luce di una candela e, quando era inverno, accanto a una vecchia stufa che riempiva di fumo la baracca “725”. Allora quei bambini che vivevano nella baraccopoli e che la mattina si recavano alla scuola pubblica, facevano dei lunghi giri, al ritorno dalla scuola, per non far capire agli altri che vivevano nelle baracche.

DON SARDELLI lì spronò a non vergognarsi della loro condizione, a emanciparsi. Utilizzando un linguaggio semplice, sotto la sua guida, i ragazzi scrissero la Lettera al Sindaco e il libro Non Tacere. La Lettera suscitò un grande scandalo a Roma, tanto che la stessa Rai fece un servizio di Giuseppe Fiori facendo venire alla luce la scandalosa condizione di vita dei baraccati. Dopo lo sgombero della bidonville, l’impegno civile di don Roberto è continuato come giornalista e scrittore. Scrisse un libro Il danzatore assai convinto che per avvicinarsi ai Sinti e ai Roma dovesse imparare a ballare il Flamenco.

QUARANT’ANNI dopo scrisse nuovamente una Lettera al Sindaco che non ebbe lo stesso successo della prima per le divergenze di idee sulle periferie romane con Veltroni.

RACCONTA don Roberto che quando arrivò Papa Francesco ricevette una telefonata direttamente da lui, al quale però rimproverava di non fare “pulizia” nella curia romana. Per questi suoi incredibili meriti ha avuto accanto a sé sempre molti amici ed estimatori, gente comune, intellettuali, insieme a molti dei suoi vecchi “studenti” della baraccopoli che gli sono stati sempre riconoscenti e vicini fino alla sua morte. Fabio Grimaldi è l’autore, insieme ai ragazzi della “Scuola 725”, del film “Non tacere” che ha vinto il premio come miglior documentario al Festiva Arcipelago e che racconta la storia della “Scuola”.

DA MOLTI ANNI era malato e si era ritirato nel comune di Pico per assistere la sorella. Dopo la morte di quest’ultima era andato a vivere nel comune di Pontecorvo cedendo la sua modestissima casa di Pico ad un amico tedesco che lo aveva aiutato a trovare i farmaci adatti per curare la sorella malata. Lo si incontrava a Roma mentre si recava al Policlinico per avere i farmaci che provenivano dalla Germania.

Nonostante queste sventure quando compagni e amici andavano a trovarlo, lui continuava a chiedere: “Che ne pensate della situazione politica?”. Uno scenario, quello politico attuale, che ai suoi occhi di ribelle appariva ormai lontanissimo da qualsiasi sua aspettativa e speranza.

P.S. su il manifesto del 22.12.2018, Damiano Tavoliere ha scritto un bell’articolo a lui dedicato in occasione del conferimento della Laura Honoris Causa, don Roberto, baraccato tra i baraccati.