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Domani il processo Condor a Roma. Anche il Pd parte civile

Domani il processo Condor a Roma. Anche il Pd parte civileSantiago del Cile – Reuters

Domani a Roma, udienza preliminare del processo «Arce Gomez e altri 34». Alla sbarra i delitti del cosiddetto «piano Condor», la rete criminale delle dittature sudamericane, orchestrata dalla Cia negli […]

Pubblicato quasi 11 anni faEdizione del 10 ottobre 2013

Domani a Roma, udienza preliminare del processo «Arce Gomez e altri 34». Alla sbarra i delitti del cosiddetto «piano Condor», la rete criminale delle dittature sudamericane, orchestrata dalla Cia negli anni ’70 e fino agli ’80, con regimi militari che si scambiavano favori, «leggi» e frontiere. Gli oppositori venivano sequestrati e detenuti anche all’estero, e fatti scomparire. Sono finiti così anche molti cittadini di origine italiana: 23 per questo primo grande processo internazionale contro il Condor, uccisi tra il ’73 e il ’78 in Cile, Argentina, Uruguay, Paraguay, Bolivia e Brasile. L’inchiesta del Procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo è iniziata nel 1998, e l’udienza arriva quasi tre anni dopo la chiusura dell’indagine su 140 persone.
Su richiesta di associazioni quali 24 marzo, Progetto diritti e Antigone, il governo italiano si è costituito parte civile. Ieri, in una conferenza stampa nella sede romana, il Partito democratico (Pd) lo ha fatto a sua volta, istituzionalmente per la prima volta. I passati governi avevano tenuto un atteggiamento analogo per altri due processi contro le dittature sudamericane, il «Suarez Mason» e per l’«Esma», dal nome del principale campo di concentramento clandestino nel cuore di Buenos Aires, in Argentina. «La libertà e la giustizia vanno costruiti e preservati ogni giorno – ha detto Fabio Porta, parlamentare Pd eletto in Sudamerica -; è così che oggi in America latina sono nati governi liberi e democratici che seguiranno con attenzione gli esiti di questo importante processo e continueranno a guardare alle istituzioni italiane con ammirazione e gratitudine». La decisione è stata presa dal segretario, Guglielmo Epifani, dopo una richiesta di Monica Xavier, presidente del Frente Amplio, la coalizione progressista che governa in Uruguay.
In questo processo, le vittime uruguayane sono 13 (tutte sequestrate in Argentina), gli imputati 15. L’ex militare uruguayano, Gregorio Conrado Alvarez Armelino, presidente tra l’81 e l’85 è in carcere, condannato per diversi omicidi: in particolare per quello di un militante del Movimento di liberazione nazionale-Tupamaros, ucciso nel ’73. In Bolivia, sono scomparsi due argentini, Mafalda e Luis Stampone. Ne rispondono l’ex generale boliviano Arce Gomez e l’ex dittatore Garcia Meza Tejada. Gomez fu a capo del II Dipartimento di intelligence dello stato Maggiore dal novembre 1979 al luglio dell’80, quando – a seguito del golpe di Garcia Meza – fu nominato ministro dell’Interno. Sia lui che Meza sono detenuti in Bolivia, dove con l’apertura degli archivi di stato voluta dal governo di Evo Morales, ogni 17 luglio – anniversario del golpe dell’80 – per le famiglie degli scomparsi si riapre la ferita. Tra quella data e il 4 agosto dell’81 (la durata del «garciamezismo») ci furono almeno 94 assassinii politici, migliaia di detenuti, torturati e esuli e un imprecisato numero di scomparsi. Garcia Meza – dal marzo ’95 sconta una condanna a 30 anni – e Luis Arce Gomez, detenuto dal 2010, sono probabilmente gli unici a sapere dove siano i corpi, ma non parlano. Gomez a processo ha accusato l’ex dittatore Hugo Banzer, scomparso nel 2002, di aver seppellito un corpo nella sua tenuta. Ha però descritto il ruolo svolto dalla Cia e dai nazisti come Klaus Barbie nella repressione e nei golpe.

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