Qualcosa di paragonabile al referendum di Pomigliano di Marchionne di 10 anni fa: se vuoi continuare a lavorare, devi rinunciare ai tuoi diritti e a parte del tuo salario.

La data scelta non è causale. È la stessa in cui entrerebbe in vigore l’aumento salariale (parecchio di più dei 10 euro lordi senza condizioni e con aumenti in caso di lavoro notturno e con la pioggia) previsto dalle legge del 2019.

Per questo motivo, mentre fingeva di trattare al tavolo convocato dal governo per arrivare ad un vero contratto nazionale con tutte le parti in causa, Assodelivery portava a compimento la strategia consigliata a ottobre 2019 dal giuslavorista Pietro Ichino: sfruttare la norma Sacconi e firmare un contratto aziendale in deroga con un sindacato di comodo ma rappresentativo nella categoria (l’Ugl che ha ereditato gli iscritti Anar, associazione autonoma dei fattorini, sempre a favore delle posizioni delle multinazionali con la scusa che vogliono rimanere autonomi e che fare il ciclofattorino è un «lavoretto»).

Governo, sindacati confederali e union si sono fatti fregare e ora i rider sono costretti a firmare il ricatto pur di continuare a lavorare. Le denunce per estorsione (dell’associazione Comma 2 lavoro è dignità) e i ricorsi daranno loro sicuramente ragione. Ma con i tempi lunghi della giustizia.

La novità dello sciopero di domani sta però nel fatto che a indirlo sono sia le union di tante città d’Italia (Deliverance Milano, Rider Union Bologna, Rider Union Roma) che i sindacati confederali (Nidil Cgil, Uiltucs con la solidarietà della Fit Cisl del Lazio): una alleanza larga e senza precedenti che va sottolineata e appoggiata.

Nel lancio della mobilitazione nazionale i rider chiedono «agli utenti delle app e tutto il mondo del lavoro a solidarizzare con la nostra causa, raccogliendo il nostro appello a non usare i servizi di consegna a domicilio per tutta la giornata di protesta di venerdì 30 ottobre. Vogliamo veri diritti, non falsi contratti!».

I rider domani scenderanno in piazza in tutta Italia. Con il ritorno della pandemia e delle chiusure dei ristoranti il loro ruolo sta per tornare quello di marzo. Più lavoro ma molti più rischi, soprattutto di contagio come dimostrano i video che li mostrano costretti ad entrare nelle metropolitane e nei treni locali milanesi, pieni di certo più che all’80 per cento previsto dalle norme anti Covid. Le multinazionali hanno assoluto bisogno di loro, non sono però disposte a riconoscergli diritti e un contratto degno di questo nome.

Come possiamo aiutarli in questa battaglia di dignità? Il boicottaggio è una forma poco utilizzata in Italia, specie dai sindacati. Si tratta invece di uno strumento che se usato con lungimiranza e attenzione può dare grandi risultati, specie nei confronti di multinazionali attente alle reazioni degli utenti. Per questo motivo noi del manifesto – primi a denunciare il vergognoso ricatto – pensiamo che sia giusto aderire al boicottaggio. E invitiamo i nostri lettori domani a non ordinare cibo a domicilio utilizzando le app sopracitate. Boicottarle – seppur per un giorno – è il modo migliore per dimostrare di rispettare i diritti di chi lavora e lottare al loro fianco.