Cosa sia un’avanguardia oggi è difficile dirlo, almeno stando alla sua definizione che per forza di cose richiama categorie e concetti novecenteschi. Ma c’è anche un’altra ragione per cui questa parola che tanti rimandi ha nella nostra storia culturale oggi non dovrebbe essere usata, ed è la sua adozione da parte di inserti culturali, direttori di festival, brand, che la usano per attirare il consumatore facendogli credere che ciò che potrebbe acquistare è qualcosa di completamente nuovo. Impoverendo a tal punto la forza eversiva di quella pratica da appiattirla sulla ricerca continua di novità.

Anche per chi si occupa di cercare fermenti culturali originali ci sarebbe bisogno di una ecologia di categorie e parole, anzi forse di una vera censura. E anche di un occhio a quanto da qualche anno a questa parte sta accadendo nel fumetto italiano, in cui si assiste ad un insolito, completamente inaspettato, movimento di rinascita di autori, disegnatori, sceneggiatori di grande interesse. E non stiamo parlando solo di Gipi o di Zerocalcare, diventati ormai fenomeni di massa, o dell’incursione di un personaggio come Davide Toffolo (cantante e chitarrista dei Tre allegri ragazzi morti), ma di una vera e propria generazione che se non possiamo definire un’avanguardia, possiamo sicuramente additare come uno dei pochi fenomeni in grado di declinare diversamente il presente, non solo in termini di contenuti ma anche proponendo modi di produzione che sono riusciti ad ovviare all’endemica scarsa attenzione da parte del mondo editoriale italiano verso le strisce disegnate.

Di tutto questo ci parla il libro di Sara Pavan Il potere sovversivo della carta (Agenzia X, pp. 287, € 16) una sorta di auto antologia, contenendo le storie di dodici (come gli apostoli…) protagonisti della scena italiana. Ovvero: Alessandro Baronciani, Andrea Bruno, Francesco Cattani, Roberto La Forgia, MP5, Romina Pelagatti, Giulia Sagramola, Strane Dizioni, Alessandro Tota, Tuono Pettinato, Amanda Vähämäki, Zerocalcare.

Questi libro, che alterna i racconti personali di questi artisti con alcuni frammenti dai loro lavori, ci racconta di una passione, la creazione di fumetti, nata da un grande bisogno espressivo, una sorta di geiser che spinge questi giovani artisti che poco sanno di regole e contenitori editoriali, a iniziare a produrre. Queste opere ci raccontano un universo assolutamente soggettivo, quello dell’autore, dove tutto ciò che chiamiamo reale viene rimescolato, messo in disordine, o se vogliamo, sovvertito. Potremmo parlare del quartiere Rebibbia di Zerocalcare, o del modo in cui Sara Pavan ci racconta del sesso, o MP5, o del modo in cui Tuono Pettinato riscrive il Viaggio in Italia di Shelley, Byron, Goethe, Ruskin.

Basta leggere questa pagina dedicata all’amore, da True Love di MP5:” Io e Antonio ci amiamo. Il nostro è un vero amore. Io e Antonio ci amiamo come nei film di Lina Wetmuller. Ci amiamo come un tram chiamato desiderio. Ci amiamo come Niagara. Antonio mi riempie la vita. Io non me la so proprio immaginare. La vita senza di lui. Io non credo che la gente possa capire. Io credo che a nessuno sia mai capitata una cosa così. Io credo davvero che voi non possiate capirla. Questa cosa. Non ci arrivate proprio. Sono due giorni che non vedo Antonio.”

Ma a parte la vena demistificatrice, il disincanto nutrito anche verso alcuni vecchi miti dell’underground, sia nostrano che internazionale, c’è da parlare di come questi autori sono venuti fuori. Copie ciclostilate, fotocopie, abbonamenti porta a porta, diffusione nei centri sociali, in luoghi occupati, un affresco che a molti è sicuramente insospettato di una realtà culturale che ha continuato a pulsare in questi anni. Da sola, senza alcun aiuto per così dire istituzionale ma, al limite, con l’interesse benemerito di case editrici come la Coconino o di personaggi come Makkox.

O, ancora, ed è la ragione per cui questo libro è giunto fino a noi di Alias, grazie all’attività di diffusione di Alberto Choukhadarian, un vero e proprio carbonaro del fumetto indie. Di giorno, come racconta nell’intervista a Sara Pavan, gestisce il negozio di ferramenta in provincia di Imperia ereditato dalla famiglia, e nel tempo libero si dedica alla lettura, al collezionismo e alla diffusione di fumetti italiani. E’ stato lui, e a sue spese, a mettere in comunicazione gli autori, i loro mondi creativi.

Anche su storie come quella di Choukhadarian si è costruita la piccola fortuna del fumetto italiano in questi ultimi anni, che ha fruttato il riconoscimento dei media mainstream e di un pubblico più ampio.

Mentre si continuano a fare convegni su convegni in cui fantomatici esorcisti cercano di scongiurare la fine del libro e addirittura della lettura ad un pubblico ora e sempre affascinato più dalla caccia alle streghe che dalla ricerca di soluzioni concrete, c’è chi si è mobilitato per fare uno scarto rispetto alla stanca ripetizione di moduli che evidentemente non ci potevano portare se non allo stato di paralisi in cui siamo. Cercando non solo un modo diverso di raccontare storie ma anche un altro tipo di rapporto con il lettore. Certo le nuove tecnologie hanno sicuramente favorito l’interscambio soprattutto con l’irrompere di blog e social media.

Rovesciamento dei modi di produzione, creazione di contenuti in grado, partendo dal basso, di coinvolgere una fetta sempre più ampia di persone, diffusione indipendente. Tutte cose che fanno del fumetto contemporaneo italiano una delle poche novità emerse in questi anni, capace di interrogare davvero il presente, con i suoi problemi e le sue ambiguità, e di fornire, forse anche involontariamente, delle risposte. Provvisorie, ironiche, ciniche, sprezzanti, anarchiche. E forse può finalmente passare in secondo piano se siano d’avanguardia oppure no.