Sulla revisione delle concessioni autostradali – tema simbolo per i Cinque Stelle insieme al taglio dei parlamentari, la finta consultazione su Rousseau e a Di Maio vice-premier – potrebbe esserci una svolta. Graziano Delrio, capogruppo Pd alla Camera, ha detto che «ci trova perfettamente d’accordo». E ha rilanciato: «Ma di tutte, non solo quella di Autostrade». Ci sarebbe anche un accordo su una profonda revisione, o cancellazione, dei decreti sicurezza. «Sui migranti bisogna partire da una nuova legge quadro che contempli flussi regolari» ha aggiunto Delrio.

NEL PROGRAMMA del nuovo governo troverà spazio il taglio del cuneo fiscale. Potrebbe essere pari a quindici miliardi, progressivi e spalmati in tre anni. È la prima stima sull’importo di una delle principali misure che il Pd e i Cinque Stelle condivideranno nella prossima legge di bilancio. È emersa ieri dal tavolo su lavoro e welfare organizzato dal Pd in vista della definizione del programma del nuovo governo giallo-tricolore (i colori del Partito Democratico) ed è stata confermata da Annamaria Parente, vicepresidente della commissione lavoro del Senato (Pd). L’importo andrà in seguito ripartito tra imprese e lavoratori e non sarà di entità memorabile. «Ci sono punti in comune», ma permangono «divergenze» «sulle modalità della riduzione fiscale. Noi siamo per rilanciare i consumi e ridurre il fisco a carico dei lavoratori» ha detto Paola De Micheli, vicesegretario del Pd. Teoricamente lo sarebbero anche i Cinque Stelle, ma tant’è. Si tratta di spiccioli. Anche per questo si cerca di rafforzare il bonus Renzi aumentando gli 80 euro a 125. Sempre per chi ha un lavoro dipendente fisso. Per chi è precario, o autonomo, nulla. Altre differenze sono segnalate sulla giustizia.

GRAN PARTE delle risorse per la legge di bilancio, al momento quantificata fino a 35 miliardi, andranno a coprire i 23,1 miliardi necessari per «sterilizzare» le clausole Iva e altri quattro per spese indifferibili. Importi cresciuti a causa delle decisioni del governo gialloverde, la cui incombenza ha giustificato anche la fretta per costituire il nuovo esecutivo di ispirazione politica opposta. La fretta è stata confermata ieri dal presidente incaricato Conte che ha ribadito la priorità. Negli incontri avvenuti nelle ultime ore i neo-alleati si sono impegnati a individuarle, anche sulla base del lavoro già fatto dal ministro uscente dell’Economia Tria. Presto sarà chiaro che l’individuazione delle risorse potrebbe essere meno complicata di quanto creduto in questi giorni. La vetta è alta, ma non irraggiungibile. Ci sono 1,5 miliardi circa di entrate strutturali in più stabiliti a luglio, i risparmi di spesa sugli interessi del debito (circa 3 miliardi aggiuntivi rispetto alle stime del Def) e quelli derivanti dai calcoli sbagliati sulla platea potenziale dei beneficiari di «Quota 100» e del cosiddetto «reddito di cittadinanza» (almeno 2 miliardi). Quando i Cinque Stelle recitavano la parte dei nazional-populisti con Salvini fino a luglio si era parlato dei dividendi straordinari di Cdp e Bankitalia. Altri due miliardi di euro potrebbero essere assicurati dal calo dei tassi e dal calo dello «spread» che in questi giorni sta votando il governo «Conte due». Per il resto, la nuova flessibilità di bilancio riconosciuta dalla nuova Commissione Ue Von Der Leyen, appoggiata in maniera decisiva dai Cinque Stelle, potrebbe permettere di concludere la raccolta fondi con successo, aumentando il deficit. Ipotesi proibita fino al 20 agosto scorso. Recessione permettendo.

MENTRE M5S vuole «ampliare» i 10 punti letti da Di Maio al Quirinale, sul tavolo delle consultazioni con Conte il Pd porterà altri punti sui quali ci sarebbe un accordo di massima con gli alleati. Nuovi incentivi alle imprese per l’occupazione in continuità con gli sgravi per le assunzioni a tempo indeterminato degli under 35, confermati anche dal governo «Conte 1». Sul «reddito di cittadinanza» i due ex contendenti hanno scoperto, finalmente, che la misura è la logica estensione del «Reddito di inclusione» (ReI). Ed è probabile che si metterà in discussione l’esclusione razzista degli extra-comunitari residente da meno di 10 anni. Un altro pegno pagato da Di Maio per confermare la sua fedeltà a Salvini. Nessuno, al momento, ha ancora maturato una perplessità sul disegno complessivo di «workfare»: un sussidio pubblico in cambio di lavoro fino a 16 ore a settimana e mobilità obbligatoria. Non è escluso che Pd e M5S troveranno un accordo su una delle norme più vessatorie in Europa. Nemmeno nell’Ungheria di Orban sono così feroci. Su «quota 100» è possibile una rimodulazione per chi non arriva a 38 anni di contributi. Il Pd vorrebbe rendere strutturale la non memorabile «Ape sociale». Un incontro è possibile anche sul salario minimo, a condizione che ci sia il riconoscimento legale dei contratti erga omnes come richiesto dai sindacati.

RIFORMA FORNERO, Jobs Act, Buona Scuola. Non si parla, al momento, di un improbabile ripensamento sulle riforme più odiate che i Cinque Stelle, in un tempo lontano, avevano promesso di cambiare. Forse troppo anche per Conte che alla scuola ha dedicato un pensiero nel suo discorso sul «nuovo umanesimo». Nel roboante concetto ha trovato spazio l’idea dei «beni comuni» da «valorizzare» come parte del «patrimonio» culturale. Si valorizza qualcosa sul mercato pubblico-privato. L’opposto della famosa teoria. Una premessa non proprio rassicurante su uno dei punti in ballo nel programma: l’acqua pubblica. Tutti i pasticci sono possibili.