Prima ancora che dal parlamento, il primo «no» al decreto sull’immigrazione varato venerdì scorso dal governo arriva dal primo presidente della Corte di Cassazione Giuseppe Canzio. Ed è no pesante perché riguarda una delle modifiche bandiera volute dal ministro degli Interni Marco Minniti e dal collega della Giustizia Andrea Orlando come la soppressione di un grado di giudizio nei ricorsi contro il diniego dello status di rifugiato. «La semplificazione delle procedure non può significare soppressione delle garanzie», avverte Canzio che chiede al Guardasigilli una ulteriore «riflessione» sul provvedimento. Parole fatte proprie anche dall’Anm. In un documento l’Associazione nazionale dei magistrati esprime un «fermo ed allarmato dissenso» per la decisione di cancellare la possibilità per un richiedente asilo di ricorrere in appello in caso di respingimento della domanda. Chiamato in causa in prima persona, Orlando risponde a Canzio definendo «legittime e salutari» le sue preoccupazioni, ma ribadendo in sostanza la giustezza delle decisioni assunte dall’esecutivo.

L’occasione per parlare del decreto immigrazione è offerta a Canzio dall’intervento tenuto all’inaugurazione dell’anno giudiziario del Consiglio nazionale forense, cerimonia alla quale partecipa anche Orlando. Non è a prima volta che il primo presidente della Cassazione tocca temi riguardanti l’immigrazione. Parlando il 26 gennaio scorso all’apertura dell’anno giudiziario aveva ribadito ancora una volta l’inefficacia del reato di clandestinità e sollecitato lui stesso il governo a intervenire per sveltire l’iter delle richieste di asilo. «Si rileva l’esigenza di una urgente ridefinizione legislativa delle relative procedure in termini di semplificazione e accelerazione», aveva spiegato. Una sollecitazione che evidentemente non sottintendeva la soppressione di un grado di giudizio come invece deciso poi dal governo. Non va bene «immaginare che la partita si svolga tutta nel primo grado di giudizio, e senza che venga garantito un contraddittorio pieno, e poi improvvisamente sfoci tutto davanti alla Cassazione», ha avvertito ieri Canzio parlando alla platea dove siede anche il Guardasigilli. «Pretendere la semplificazione e razionalizzazione delle procedure non può significare soppressione delle garanzie. In alcuni casi non c’è neppure il contraddittorio come si può pensare allora al ruolo di terzietà del giudice, rispetto a chi?».

Passano poche ore e alle preoccupazioni del primo presidente della Cassazione si aggiungono quelle espresse dai vertici della Giunta sezionale dell’Anm, che in documento chiedono al governo di correggere una riforma che, avvertono, non rischia solo di non essere in linea con i principi della Corte europea dei diritti dell’uomo, ma anche di ingolfare ulteriormente i lavori della Cassazione. «Non si capisce – scrivono il presidente Antonello Cosentino e il segretario Maria Giovanna Sambito – quale razionalità via sia nell’azione di un governo che nel mese di agosto emana un decreto legge imposto dalla straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per la definizione del contenzioso presso la Corte di Cassazione e a febbraio emana un altro decreto legge con cui disinvoltamente si pongono le premesse per una inevitabile esplosione del contenzioso».

Nel replicare al primo presidente della Cassazione, Orlando prova a dare rassicurazioni circa le intenzioni del governo. A partire dalla necessità di dare un taglio ai tempi lunghi (fino a due anni) con cui oggi si svolge l’esame delle richieste di asilo. «La lunghezza delle procedure crea un limbo che penalizza chi ha diritto all’asilo – spiega -, costringendolo ad una estenuante situazione di incertezza e favorisce, per latro verso, l’utilizzo improprio della procedura di richiesta di asilo da parte di chi non e ha diritto, nella speranza di allungare i tempi i tempi di permanenza nel Paese». Lo scopo del decreto, sottolinea dunque il Guardasigilli, «è rispondere a queste criticità non mortificando in alcun modo il contraddittorio dinanzi al giudice di primo grado».