No, non ci sarebbe nessuna «black list» dei giornalisti «inaffidabili». E i «gruppi di comunicazione» del MoVimento a palazzo, le strutture – se così le si può definire – che interpretano con qualche originalità professionale il ruolo di ufficio stampa – «danno solo supporto e suggerimento, non indirizzo politico». Butta acqua sul fuoco Vito Crimi, il capogruppo a 5 stelle al senato, sull’ultima polemica scoppiata a casa Grillo. Quella su una mail inviata ai soli deputati, e intercettata dal quotidiano Europa, che annuncia l’inizio di una «fase due» nel rapporto fra cronisti e deputati-’cittadini’, che prevede l’intensificazione della presenza dei comunicatori «in Transatlantico e nell’atrio. Non per un’esigenza di controllo ma a garanzia dei deputati». Dietro la mail, traspare la lunga mano di Casaleggio, anzi il lungo mouse, contrario ai rapporti fra eletti e stampa, che hanno già provocato un’espulsione.

Il «suggerimento» di Montecitorio sarebbe opera di Nicola Biondo, giornalista ’pistarolo’ già consulente di alcune procure e collaboratore dell’Unità. Dal quale prende le distanze Claudio Messora, suo collega a Palazzo Madama, musicista, blogger e attivista in rete con il nick Byoblu, più smaliziato dell’altro, che si è fatto sfuggire dal controllo la «mail» della discordia. Crimi ieri ha spiegato che al senato interpretano «i consigli» in maniera meno letterale, a differenza della sua omologa alla camera Roberta Lombardi che ha dichiarato di «avallarne il contenuto».

Ma la «fase due», Crimi ammette ai cronisti, c’è. «Chiamiamola fase di maturazione. In questi mesi abbiamo subito una comunicazione passiva, abbiamo dovuto rincorrere i vostri temi. Ora vogliamo fare comunicazione attivamente, portando i nostri temi. La colpa è reciproca. Noi siamo inesperti ma è la nostra forza». Invece i giornalisti «cercano il gossip», intendendo che raccontano gli scontri politici ormai aperti fra gli eletti a 5 stelle. Ieri primo incidente della «fase due». Alla camera, alla conferenza stampa del comitato «Quorum zero», il referendario Dario Rinco ha interrogato i cronisti su quanto avevano capito e li ha accusati di fare «domande sbagliate». Siamo oltre l’affronto alla deontologia, viaggiamo verso lo sberleffo all’art.21 della Costituzione. Più tardi l’ufficio stampa ha preso le distanze da Rinco, «non è un attivista 5 stelle».