La dichiarazione risale a lunedì scorso, quando la maggioranza gialloverde navigava già in mezzo al mare mosso ma ancora non c’era stato il voto a scrutinio segreto sul peculato nel ddl anticorruzione. Il presidente del parlamento europeo ed esponente di primo piano di Forza Italia Antonio Tajani si trovava all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università Cattolica di Milano. A margine della cerimonia ha detto: «Credo che ci siano molti deputati e senatori del Movimento 5 Stelle che vogliono dare stabilità al paese e non sono contenti delle scelte che si stanno facendo».

Tajani parla apertamente di uno spettro che si aggira da tempo tra i corridoi dei gruppi parlamentari del M5S. Si racconta che lo stesso Giancarlo Giorgetti, sottosegretario alla presidenza del consiglio e gran tessitore per conto di Matteo Salvini, da tempo profetizzi la nascita di un nuovo centrodestra in questa stessa legislatura, con l’apporto di una componente proveniente nientemeno che dai grillini.

Ci sarebbe, secondo questi scenari, una componente silenziosa del già di suo taciturno gruppone di oltre trecento eletti alla camera e al senato nelle file del M5S che, un po’ per far proseguire la legislatura un po’ per risponde al richiamo della foresta sovranista-moderata, sarebbe pronta a passare armi e bagagli in una nuova maggioranza. Dunque, mentre tutti aspettano che i fantomatici dissidenti si materializzino «da sinistra», sui temi dell’ambientalismo o dei diritti sociali, da quel lato ormai da mesi si registrano posizioni timide, magari significative eppure davvero poco più che individuali. Da Forza Italia hanno buon gioco a definire i grillini come «estremisti di sinistra», per spaventare gli elettori moderati passati da quella parte, ma è sempre Tajani, magari solo come auspicio, corregge il tiro parlando di parlamentari pentastellati scontenti perché a suo dire avrebbero preso atto che le posizioni del loro partito sono «un po’ veteromarxiste e velleitarie».
Proprio un grillino fantasma come il deputato Catello Vitiello ha presentato l’emendamento al ddl anticorruzione che ha turbato la maggioranza. Vitiello è stato eletto col M5S ma da espulso, perché risultava essere stato iscritto a una loggia massonica. E tuttavia la sua candidatura e la successiva elezione non sono avulse da rapporti con pezzi dei 5 Stelle. Come lui, nel gruppo contenitore Movimento italiani all’estero, ci sono altri eletti a 5 Stelle fatti fuori durante la campagna elettorale. Sono la punta di un’iceberg di parlamentari che finora sono stati sotto coperta e che se la barca dovesse affondare cercherebbero una scialuppa di salvataggio.

Era già successo, durante le travagliate trattative per la formazione dell’alleanza, che Silvio Berlusconi in persona mettesse in giro la voce che un ipotetico governo di centrodestra avrebbe raccolto una maggioranza in parlamento, grazie al voto di non meglio precisati «responsabili». In quel caso, però, il presidente della repubblica Sergio Mattarella chiese atti politici e garanzie concrete. Poi venne stipulato il «contratto di governo» tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio e la cosa finì lì. Lo stesso Salvini sarebbe al corrente della possibilità di pescare tra pentastellati delusi. Ma il ribaltone non è la sua opzione prediletta. Per il momento al leader conviene continuare a rosicchiare consensi e credibilità al ventre molle del Movimento 5 Stelle, cercando di tappare le falle che sempre più di frequente si aprono nella maggioranza gialloverde.

Sia Salvini che Di Maio, per il momento, hanno interesse a tenere la situazione bloccata, almeno fino alle elezioni europee. Il grillino per non perdere governo e timone del partito. Il secondo per evitare di dover mediare dentro una coalizione che rischia di imbrigliarlo più di quanto non faccia realmente il M5S.
Entrambi, per di più, vorrebbero continuare gestire in un tavolo a due i dossier ancora in ballo e la partita delle nomine. Sempre che, appunto, la situazione non precipiti.