Dati positivi sul fronte del lavoro – con il tasso di disoccupazione generale e giovanile in deciso calo – ma da guardare in chiaroscuro: perché sono diminuite nel frattempo anche le persone in cerca di impiego, dunque si è ristretta l’area su cui vengono calcolate quelle percentuali. Infatti le letture sono, come avviene spesso, opposte: il governo e il Pd – con Renzi e Gentiloni – esultano, mentre le opposizioni – da Forza Italia ai Cinquestelle fino a Sinistra italiana – parlano di «fallimento del Jobs Act».

Ecco i dati: il tasso di disoccupazione generale è sceso a febbraio all’11,5%: -0,3% rispetto a gennaio e -0,2% rispetto a febbraio 2016. Ancora meglio il tasso giovanile: fra i ragazzi tra i 15 e i 24 anni a febbraio è sceso al 35,2%, cioè -1,7% rispetto a gennaio e un calo di ben il 3,6% rispetto a febbraio 2016.

È successo però, come dicevamo, che si è anche ridotta l’area di quelli che un lavoro lo cercano, e che quindi sono conteggiati nei tassi di occupazione/disoccupazione: diminuiscono del 2,7% le persone in cerca di occupazione, specie nella fasce giovanili (15-24 anni) e tra gli over 50, mentre aumentano gli inattivi tra i 15 e i 64 anni (in marzo cresciuti dell’ 0,4%%, pari a più 51 mila).

Dunque l’abbassamento dei tassi di disoccupazione non può essere visto – almeno per ora – come testimonianza di un mercato che si muoverebbe: sono stabili, ad esempio, gli occupati. – A febbraio, secondo i dati provvisori dell’Istat, la stima degli occupati è stabile rispetto a gennaio. Ma nell’ultimo mese è cresciuto il numero di donne occupate e calato quello degli uomini. L’occupazione aumenta tra gli ultracinquantenni e diminuisce nelle restanti classi di età.

Sale il numero di lavoratori a termine, mentre calano i lavoratori a tempo indeterminato e restano stabili gli indipendenti. Il tasso di occupazione è stabile al 57,5%, quello di inattività al 34,8%, in aumento dello 0,1% rispetto a gennaio.

Numeri che comunque permettono a Matteo Renzi di rivendicare con orgoglio la bontà della sua riforma del lavoro: «Avete visto – scrive l’ex premier enella sua E-news – che in tre anni la disoccupazione giovanile – ancora altissima – è scesa dal 46% al 35% grazie al Jobs Act? Perché possono dire tutti quello che credono: ma il Jobs Act funziona, ormai negarlo è impossibile, amici».

«Cala la disoccupazione, anche tra i giovani. L’impegno per le riforme ottiene risultati. E continua» scrive il presidente del consiglio Paolo Gentiloni su Twitter.
Piuttosto cruda, ma non senza elementi di verità, l’analisi di Renato Brunetta (Forza Italia): «La rilevazione mensile Istat del mercato del lavoro certifica chiaramente il fallimento delle politiche Renzi-Poletti. Infatti, si è sostanzialmente fermata – come anche segnalato dai dati Inps delle scorse settimane – la creazione di occupazione (solo 8 mila nell’ultimo mese), meno persone si offrono sul mercato (ed ecco perché diminuisce il tasso di disoccupazione, per cui vi è poco da fare trionfalismo) e crescono nuovamente gli inattivi».

E mentre Ap (Area popolare, ex Ncd) chiede di incontrare «con urgenza» Gentiloni, in modo che «si eviti una deriva a sinistra del governo», dall’altro lato Sinistra italiana chiede invece che si converta al più presto il

decreto che abroga i voucher e regola gli appalti.
E anche i Cinquestelle insistono sui voucher: «”È a un decreto dettato dal ‘panico” da referendum» – dicono i deputati della Commissione Lavoro della Camera. Propongono uno strumento ad hoc per la fase di transizione: un contratto di lavoro per le prestazioni discontinue o intermittenti per un numero di ore, e poi dei voucher ma con proibizioni e tetti.