In sei anni, tra il 2011 e il 2017, l’Italia è cambiata più di quanto non fosse successo con la tempesta del 1992-93. La trasformazione è stata meno spettacolare, più lenta ma anche più radicale. Non sono stati spazzati via solo un sistema politico e il ceto che si trovava al suo apice. Sono cambiate la geografia sociale del Paese, la rappresentazione che si dà di se stesso, le aspettative e le priorità dei suoi cittadini. Questo sisma, a differenza del terremoto degli anni ’90, è stato progressivo, meno traumatico e dunque meno chiaramente percepito, però altrettanto radicale: forse anche di più. La raccolta delle rubriche settimanali scritte tra il 2011 e il 2017 per il Nuovo quotidiano di Puglia da un sociologo brillante come Stefano Cristante, capace di muoversi a proprio agio su terreni diversi, dall’analisi dei media alla politica, offre una mappa per ricapitolare quella lunga fase di smantellamento della fragilissima «seconda Repubblica», individuandone i punti di smottamento, le linee di continuità spesso occulte, le fratture a un livello più profondo di quello registrato dalle cronache politiche.

Il libro si chiama Società Low Cost. Gli anni del grande scombussolamento (Mimesis, pp. 284, euro 24) ed è strutturato non cronologicamente ma per grandi temi. I media, che sono lo specifico campo di studio di Cristante, occupano una postazione centrale ma non esauriscono affatto la panoramica, modulata dall’autore intrecciando taglio giornalistico e sguardo analitico.
Uno dei pregi di quel genere che è la rubrica periodica fissa, un tempo eminente e oggi spesso ridotta a pezzulli superficiali e di facile presa ma di cui Cristante è invece uno degli ultimi maestri, è proprio la capacità di volteggiare tra gli elementi della vita quotidiana apparentemente minimi e tuttavia di massima eloquenza e i «grandi eventi» strillati in prima pagina, trovando nei primi una chiave per interpretare le «grandi notizie». La sfida sta tutta nel rintracciare alcune linee guida che permettano di orientarsi nella messe di notizie grandi e piccole offerte ogni giorno dai media, per trasformare l’eclettismo in narrazione sensata pur se frammentaria.

Il filo d’Arianna indicato da Cristante per orizzontarsi nel labirinto dei messaggi e dei segnali con cui la cronaca quotidiana ci bombarda è illustrato già dal titolo, è l’inesorabile imporsi in ogni settore del «basso costo». È a basso costo la forza lavoro precaria e malpagata, ma lo sono anche le merci, materiali e immateriali. La rete permette di accedere a una quantità inaudita di consumi culturali senza dover spendere troppo. Ed è a basso costo la politica, spogliata non solo delle idealità ma anche del semplice progetto e ridotta alla capacità di una propaganda ormai indistinguibile dalla mera pubblicità. Il basso costo, segnala però Cristante, non implica affatto un assottigliarsi delle differenze sociali. Al contrario, le moltiplica e le blinda. Proprio la capacità di accedere facilmente a una bassa qualità segna il confine ormai invalicabile tra chi può permettersi di vivere in un mondo di qualità alta, e sono pochissimi, e chi invece deve accontentarsi di un livello che, sul piano culturale ed emotivo non meno che su quello materiale, è irrimediabilmente scarso e insoddisfacente.

Tra il low cost, l’allargamento a dismisura della forbice tra i privilegiati e il resto del mondo e la paralisi dell’ascensore sociale c’è una correlazione diretta. Il basso costo stesso, si potrebbe aggiungere, funziona come valvola di sfogo che rende «accettabile», sia pure con dosi crescenti di insoddifazione e rancore sociale, una situazione che sembrerebbe invece destinata a produrre scontentezza diffusa e rivolta. Quella offerta da Cristante è però una chiave non imperativa. Il suo libro non è un trattato sociologico o un saggio politico ma una raccolta di pezzi giornalistici, scritti giorno per giorno sotto l’imperioso dettato della cronaca o delle riflessioni dell’autore, che spaziano dall’uso della parola «frigorifero» ai discorsi di Bergoglio, dall’uso dilagante della «fake news» al ricordo dell’adorato Hugo Pratt. Per ricavarne un senso, ognuno può usare la bussola e gli strumenti di cui dispone.