Un talento tormentato, una tecnica prodigiosa, una fulminante personalità. Sergei Polunin, star 29enne, fresco del debutto lunedì agli Arcimboldi di Milano in Sacré, è un danzatore dal potenziale raro. Un’autenticità dello stare in scena nota al mondo del balletto ben prima della mediatica esplosione virale dell’artista. Sacré, dedicato a Vaslav Nijinskij, prosegue nel cammino indipendente intrapreso da Polunin dopo l’addio al Royal Ballet nel 2012. Oggi l’artista punta a una factory (ispirata a Warhol) con cui produrre da qui a cinque anni una decina di creazioni a firma varia da portare in giro per il mondo. Due i coreografi poco noti che Polunin presenta in Sacré, Ross Freddie Ray, ex ballerino dell’Opera Nazionale di Bucarest diretta per alcuni anni dall’amico e collega di Sergei, Johan Kobborg, e la trentaquattrenne giapponese Yuka Oishi, alle spalle un percorso da solista nella compagnia di John Neumeier a Stoccarda. Musica klezmer del gruppo polacco Kroke per Fraudulent Smile di Ray: è un pezzo per nove danzatori tra cui Kobborg e Polunin, interpreti del male contrapposto al bene, dualità che rimanda al balletto Petrushka, in cui brillò con i Balletti Russi di Diaghilev l’espressività dolente di Nijinskij. La coreografia è scorrevole, ma prevedibile, Sergei, tragico clown dal viso cosparso di biacca, non delude per mobilità espressivo-drammatica, ma ci aspetteremmo di più da un pezzo su corruzione e natura.

LA SERATA prosegue con Sacré, assolo per Polunin su Le Sacre du Printemps di Stravinskij, titolo scandalo coreografato da Nijinskij nel 1913 e poi ripreso da tanti grandi della scena. Oishi fa danzare Polunin dentro uno spazio circolare circondato da foglie autunnali, tra le quali si nasconde una spessa corda rossa (anche Graham usò una corda nel suo Sacre). Polunin corre, sfodera vorticose pirouettes, salta, cade, si trascina, rinasce, muore attorcigliato nella corda in una lotta strenua con se stesso.

GLI APPLAUSI al divo ci sono e tanti, ma la struttura coreografica del pezzo è a lungo andare ripetitiva con momenti di stasi. Polunin ha davanti a sé vari anni di carriera: ci piacerebbe che investisse su coreografi di maggiore caratura, su grandi del nostro tempo, titoli contemporanei di più valore che come ha fatto prima di lui Baryshnikov non ci facciano rimpiangere le sue passate e mai banali interpretazioni dei classici.