I giudici le suonano al ministero. E al ministro Sergio Costa. E’ illegittimo il provvedimento con cui il dicastero dell’Ambiente, la scorsa estate, ha annullato l’aggiudicazione, risalente al 7 febbraio 2018, della gara per la bonifica delle megadiscariche di veleni che si trovano sotto al paese di Bussi sul Tirino (Pescara). E che nascondono 100mila metri cubi di scarti tossici e nocivi che continuano a inquinare.

Lo ha stabilito il Tar del Lazio con sentenza numero 347/2020, accogliendo i ricorsi di Regione Abruzzo, Agenzia regionale per la tutela ambientale, Comune di Bussi e dell’associazione temporanea di imprese Dec-Deme, che ha vinto l’appalto del 2015. Lo Stato condannato a 15.000 euro di spese di lite. L’atto del ministero è stato partorito, in una maionese di polemiche, lo scorso 17 giugno, con firma del dirigente Giuseppe Lo Presti. E’ stato adottato a 18 mesi dall’aggiudicazione della gara, da 45 milioni. Esso parla di progetto «ineseguibile».

La bonifica delle aree del polo chimico di Bussi, tra i più storici e importanti d’Italia, è da sempre al centro di controversie e rimpalli di responsabilità. La Provincia, con conferma definitiva da parte del Consiglio di Stato, ha individuato nella società Edison Spa la responsabile della contaminazione. Ma, per lungaggini burocratiche, la bonifica non è mai cominciata. Nonostante diffide e denunce.

«L’esigenza della rapidità nella conclusione dell’iter amministrativo propedeutico alla bonifica di un sito così dannoso per l’ambiente non pare aver caratterizzato l’operato del Ministero nella vicenda di specie», tuonano ora i giudici amministrativi che parlano addirittura di «sviamento di potere». Secondo loro bisogna «procedere rapidamente alle opere di messa in sicurezza e bonifica ambientale previsti dalla legge, nonché a tutti quegli interventi volti alla riduzione delle esposizioni anche potenziali a contaminanti da parte delle popolazioni». E, dato che di mezzo c’è la salute, «non appaiono affatto condivisibili le considerazioni della difesa erariale».

«Adesso – commenta Marco Marsilio, presidente della Regione – bisogna riavviare subito il discorso politico-istituzionale per il bene del territorio». «L’annullamento della gara – ribadisce il sindaco di Bussi, Salvatore Lagatta – aveva nei fatti negato la possibilità di dare immediato avvio ai lavori di bonifica, mortificando l’aspettativa del paese e dell’intero Abruzzo». Gongolano gli ambientalisti.

«Ora – tuona Augusto De Sanctis del Forum H2O – Costa chieda scusa, rifletta adeguatamente e si chieda se è in grado di governare la sua struttura ministeriale…». «Questa sentenza – dichiara Giuseppe Di Marco, presidente Legambiente Abruzzo – fa breccia come un raggio di sole primaverile in un momento di emergenza sanitaria». E Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente: «Si sancisce giustamente il principio comunitario “chi inquina paga” troppe volte calpestato nella storia italiana». Però il sottosegretario all’Ambiente, Roberto Morassut, annuncia: «Nei prossimi giorni il ministero valuterà l’ipotesi di un ricorso al Consiglio di Stato».