«Mio figlio di 14 anni, nonostante sia in carrozzina, ha voglia di fare tutto quello che facciamo noi. Purtroppo un giorno siamo rimasti bloccati per un’ora all’interno della stazione metropolitana di Cipro, senza assistenza perché in quella stazione non erano funzionanti né gli ascensori né i servoscala. Non è stata l’unica volta che è successo. Vorrei che lo slogan che usa mio figlio quando usciamo a Roma non sia più #iosonointrappolato». Cipro non è la grande isola del Mediterraneo greco-turca, ma una stazione metro della linea A di Roma, una delle maggiori capitali europee ed al contempo una delle città del mondo dove è meno visibile la presenza di persone con disabilità motorie, sottoposte ogni giorno ad una sorta di sequestro in casa, a causa delle barriere architettoniche, dei marciapiedi impraticabili, della sosta selvaggia e della «condotta discriminatoria» da parte dell’azienda che gestisce i trasporti urbani e dell’amministrazione comunale.

Lo ha sancito il 10 giugno scorso il Tribunale civile di Roma condannando per la prima volta l’Atac spa e Roma Capitale, accogliendo il ricorso presentato dall’Associazione radicale Luca Coscioni per conto di Laura Fois, la madre di un ragazzo disabile rimasto bloccato per due volte nelle stazioni della metropolitana di Cipro e di Cinecittà perché gli ascensori e i servoscala non funzionavano per mancanza di personale.
Secondo i giudici della II sezione civile, la scusa della mancanza di personale addotta dall’Atac è «irricevibile» perché gli impianti di elevazione e traslazione sono «essenziali» per assicurare un «efficiente servizio di trasporto pubblico» ma anche per la «palese incongruenza della giustificazione rispetto alle dimensioni del volume di traffico ferroviario e dei numeri dell’utenza» anche per il «costante e intenso afflusso di turisti nella Capitale». «Inoltre la condotta di Atac è stata fortemente censurata dal giudice perché l’azienda non informa gli utenti che gli impianti sono disattivati», ha precisato l’avvocato Alessandro Gerardi consigliere generale dell’Associazione Coscioni. Roma Capitale è colpevole, invece, di concorso colposo per omesso controllo e omessa vigilanza negli atti concreti di amministrazione delle società partecipate, essendo azionista esclusivo dell’azienda di trasporti». Entrambi gli enti sono stati condannati a un risarcimento pecuniario e «a cessare il comportamento discriminatorio» «rimuovendo gli effetti della discriminazione mediante la predisposizione di personale e di strumenti adeguati tali da garantire il funzionamento permanente dei servoscala e degli ascensori ubicati presso le stazioni della metropolitana».
Azioni che già il sindaco Alemanno, ai tempi delle denuncia della signora Fois, aveva promesso di compiere. Parole al vento, come tutte le altre. E anche il mutismo di ieri della giunta comunale lascia perplessi: dal Campidoglio nessuna reazione alla condanna.
«Tutte le segnalazioni di barriere architettoniche, ora possono essere inviate tramite un’App presente sul sito dell’associazione Coscioni – ha annunciato Rocco Berardo, membro di giunta dell’associazione, durante la conferenza stampa indetta per dare la notizia – L’App rende visibile, dopo la denuncia tramite foto degli ostacoli alla mobilità dei disabili, la posizione di questi ultimi sulla mappa virtuale d’Italia presente su Google Maps».