Gli accordi tra le società farmaceutiche Sanofi e AstraZeneca e i governi di Usa e Regno Unito sulle forniture esclusive dei vaccini contro il Covid-19 fanno tornare di attualità il tema del diritto all’accesso a vaccini e terapie.

Era stato uno dei principali temi del movimento “no global”, che prese le mosse a Seattle nel 1999 contro un summit dell’Organizzazione mondiale del commercio (Omc) sui brevetti farmaceutici. Movimenti e Ong chiedevano il diritto all’accesso ai farmaci antiretrovirali per le persone sieropositive dei paesi poveri, che a causa dei brevetti non potevano permetterseli.

CHI BREVETTA UN FARMACO o un vaccino, infatti, ottiene il diritto esclusivo di commercializzarlo per vent’anni. Il monopolio conferisce alle case farmaceutiche un potere enorme, e fa impennare il prezzo delle terapie soprattutto quando si tratta di medicine salva-vita su cui i malati hanno poca scelta.

Queste disparità intollerabili hanno fatto dire persino al presidente francese Macron «sottraiamo il vaccino alle leggi del mercato». In realtà, i brevetti sui farmaci sono ritenuti da molti economisti un esempio lampante di fallimento del mercato. Le proteste di Seattle lo resero palese: la domanda di cure dei paesi come il Sudafrica martoriato dall’Aids non incontrava l’offerta di farmaci, pensata per i ricchi mercati del nord.

GLI SCANDALI NEGLI ULTIMI ANNI si sono ripetuti. Il più eclatante in tempi recenti riguarda l’antivirale «sofosbuvir» contro l’epatite C di cui soffrono 80 milioni di persone: nel 2015 fu messo in commercio dalla società farmaceutica Gilead con prezzi variabili tra gli 80 mila dollari negli Usa e i 10-20 mila euro in Europa per un singolo trattamento, costringendo i governi a odiose selezioni dei malati da curare.

È possibile impedire che simili abusi si verifichino anche per i futuri vaccini contro il Covid-19? La strada più battuta, dunque, è quella degli aiuti umanitari convogliati da Oms e iniziative private.

L’«Alleanza globale per i vaccini e l’immunizzazione» fondata da Bill e Melinda Gates e a cui l’Italia ha appena destinato 120 milioni di euro, ha comprato vaccini per 760 milioni di bambini in 20 anni. D’altra parte, i governi che aderiscono all’Omc (quasi tutti) sono tenuti a rispettare le regole sulla proprietà intellettuale.

 

La sede della Moderna, Inc. a Cambridge, dove è iniziata la sperimentazione su 8 volontari del vaccino anti-Covid (Ap)

 

Tuttavia, dopo la battaglia di Seattle, l’Omc fu costretta a modificare le proprie regole sui brevetti farmaceutici nel vertice di Doha del 2001. In caso di «crisi di sanità pubblica», agli stati membri fu concesso il diritto di istituire «licenze obbligatorie» che autorizzano la produzione o l’importazione dei farmaci senza pagare i diritti a chi detiene il brevetto.

La Dichiarazione di Doha è stata utilizzata in poche ma significative occasioni, spesso per importare farmaci a basso costo dall’India. Ne hanno usufruito paesi come Sudafrica, Brasile, Malesia, Thailandia per le epidemie di Aids e epatite C. Ma persino la Germania vi ha fatto ricorso nel 2017 per produrre in proprio il Raltegravir, un farmaco contro l’Hiv. È la strada suggerita da un appello di Medici Senza Frontiere presentato all’assemblea dell’Oms appena chiusa.

DIFFICILE NEGARE che la pandemia di Covid-19 sia una «crisi di salute pubblica». I governi occidentali sono però restii a ricorrere alle deroghe sui brevetti per paura di scatenare rappresaglie commerciali che potrebbero danneggiare le proprie industrie farmaceutiche o indurre le case farmaceutiche a interrompere lo sviluppo dei vaccini.

Come dimostrò il movimento di Seattle, solo una mobilitazione internazionale può spingere i governi a intraprendere strade coraggiose.