Pochi ricordano che la parola fiction, così apparentemente radicata nella sfera anglofona, deriva dal latino fingere, che in origine indicava l’atto di plasmare la creta – dunque di dare forma, inventare (e spesso, anche se non sempre, contraffare). Lo rileva in un intervento sul Guardian la scrittrice messicana Valeria Luiselli, sottolineando quanto la narrativa sia stata di conforto a lei e a tanti in questo periodo così complicato della nostra vita individuale e collettiva.

«La fiction è simile a un’intuizione corporea o a una conoscenza incarnata, qualcosa che sentiamo quando le nostre menti riescono a perforare le maglie del presente e a immaginare un dove o un cosa diverso da quello in cui ci troviamo», scrive Luiselli, e racconta che durante la clausura imposta dalla pandemia ha escogitato insieme alla figlia e alla nipote un gioco: «Ci sediamo davanti agli scaffali, e una di noi prende un libro con gli occhi chiusi, poi lo leggiamo a voce alta, a volte solo qualche riga, a volte interi capitoli».

Nel corso dei mesi si sono succedute letture da autori e autrici differenti, Margaret Duras e Joyce e addirittura «una serie sui vampiri di cui non rivelerò mai il titolo». E la conclusione della scrittrice è che «sicuramente senza i libri non ce l’avremmo fatta».
Un valore inestimabile, quello dei libri, che non sempre – anzi di rado – si traduce nel benessere economico per chi li ha scritti (anche se Luiselli, recente vincitrice dei centomila euro del Dublin Literary Award con il suo Archivio dei bambini perduti, fa parte delle eccezioni fortunate). Per questo suona quasi rivoluzionario il varo nel Regno Unito di AuthorShare, un fondo per i diritti d’autore sui libri di seconda mano creato da due grossi rivenditori di volumi usati (World of Books e Bookbarn International) con il sostegno di organismi del settore e aperto alla partecipazione di altri partner.

Non a caso il comunicato uscito ieri sul sito della britannica Society of Authors usa toni entusiasti: «Per la prima volta al mondo, scrittori, illustratori e traduttori potranno ricevere royalties sulle vendite di libri usati. Questo grazie a un progetto del tutto innovativo ideato per creare un accordo migliore per gli autori nel mercato dei libri di seconda mano». Finora, infatti, «autrici e autori sono stati in grado di ricevere i pagamenti dei diritti d’autore solo sulle vendite di libri nuovi, anche se negli ultimi anni ci sono state crescenti richieste da parte della comunità degli scrittori per affrontare in modo nuovo la crescita esponenziale del mercato dei libri usati».
In effetti, sebbene la cifra stanziata per avviare il fondo nel primo anno di attività sia relativamente contenuta (duecentomila sterline, precisa Alison Flood, che ne dà notizia sul Guardian), il mercato dei libri usati è in grande espansione: solo nel Regno Unito, la crescita si aggira intorno al 12% all’anno, rispetto all’1% dei libri nuovi, e si calcola che entro il 2025 il settore varrà 563 milioni di sterline. (E pure in Italia i dati segnalano una crescita notevole: due anni fa, in occasione del quarantesimo anniversario del Libraccio, Giovanni Peresson scriveva sul Giornale della Libreria che nei primi mesi del 2019 la catena, nota appunto per la vendita di libri usati, aveva registrato un aumento del 4 %, in controtendenza rispetto alla situazione complessiva del mercato).
«Il valore di un libro va ben oltre il valore della carta su cui è stampato, ed è bello sapere che gli autori godranno di qualche beneficio quando i loro testi troveranno nuovi lettori», ha commentato la scrittrice Joanne Harris, presidente della Society of Authors. Valeria Luiselli sarebbe d’accordo, e non solo lei.