Da una parte il ritorno al lavoro imposto d’imperio dal ministro Brunetta ai dipendenti della pubblica amministrazione dal 15 ottobre. Dall’altra la regolamentazione dello smart working che avverrà tramite il rinnovo del contratto nazionale.

Difficile ma necessario distinguere i due piani nel dare conto del profluvio di dichiarazioni del ministro stesso nell’annunciare – e far anticipare ai media amici – in pompa magna le «Linee guida sul lavoro a distanza».
Se sulle prime le critiche dei lavoratori – e dei sindacati – sono molto forti, sulla trattativa sul contratto ieri si è tenuto un incontro definito «positivo» da parte dei sindacati.

LA LINEA BRUNETTA È CHIARA. Il due volte ministro a distanza di più di un decennio punta a far sì che con l’allentare della pandemia «il lavoro in ufficio sia comunque prevalente». Una misura contestata da tutti coloro che durante la pandemia hanno assicurato «l’invarianza dei servizi resi all’utenza» – come richiesto dalle stesse «Linee guida» – e che non capiscono perché ora devono tornare in ufficio a tutti i costi sorbendosi chilometri, traffico e producendo inquinamento, quando potrebbero essere molto più produttivi da casa.

SUL FRONTE DEL CONTRATTO delle Funzioni centrali invece Brunetta è stato più cauto e anzi «ha preso nota delle osservazioni dei sindacati».

Per Brunetta il contratto farà da apripista sullo smart working agli altri contratti. Nell’ultima bozza presentata ai sindacati prevede differenze tra lavoro agile e quello da remoto che avrà vincoli più stringenti sul fronte dell’orario e della sede di lavoro ma anche tutele maggiori per quanto riguarda riposi, straordinari e buoni pasti (non previsti finora per il «lavoro agile»). Il prossimo incontro tra Aran e sindacati è previsto per martedì 26.

Brunetta ha parlato di «grande passo avanti verso il lavoro agile strutturato» e ha ricordato che le 32mila amministrazioni pubbliche avranno tempo fino al 31 gennaio per preparare i «Piani integrati di attività e organizzazione» che conterranno anche i progetti sul lavoro agile. Saranno le singole amministrazione a valutare quanti lavoratori potranno fare smart working a seconda delle tipologie di lavoro e di servizi.
Nelle linee guida si chiarisce anche che la durata della fascia di inoperabilità (quella nella quale si ha diritto alla disconnessione) deve essere almeno di 11 ore consecutive così come previsto dal contratto «per il recupero delle energie psicofisiche».

Critiche dai sindacati invece sull’idea che per fare lavoro agile serva un accordo individuale con l’amministrazione di appartenenza per iscritto nel quale deve essere fissata la durata dell’accordo (può essere a termine o a tempo indeterminato), la modalità di svolgimento della prestazione: «c’è il rischio di favoritismi e discriminazioni», accusano i sindacati. Mentre andranno definite le modalità di esercizio del potere direttivo e di controllo del datore di lavoro sulla prestazione agile.

LA PRESTAZIONE LAVORATIVA in modalità agile è svolta senza un vincolo di orario nell’ambito delle ore massime di lavoro giornaliere e settimanali stabilite dai contratto nazionale di lavoro. Il dipendente può comunque richiedere la fruizione dei permessi per motivi personali o familiari, i permessi sindacali o quelli della legge 104/1992. «Si deve fornire il lavoratore – si legge – di idonea dotazione tecnologica», compresa la connessione internet.

«È un primo passo necessario per la regolamentazione del lavoro agile nel sistema della Pa. L’uscita dalla fase emergenziale deve tradursi nel superamento delle tante anomalie che hanno visto tantissime lavoratrici e lavoratori operare senza pause, tutele, con i propri strumenti», commenta la segretaria confederale della Cgil Tania Scacchetti.