Il 5 giugno 2003 moriva Dino Frisullo, che era nato lo stesso giorno cinquantun anni prima, il 5 giugno 1952.
Dedicò l’intera sua vita alla lotta contro le ingiustizie, per la liberazione di ogni essere umano. D’impulso, con irruenza, forse non sempre con meditata comprensione delle concrete complessità, ma sempre con generosità ed abnegazione.

Militante della nuova sinistra, impegnato nelle lotte pacifiste e antirazziste, fu tra i promotori di rilevanti esperienze di solidarietà, dall’associazione Senzaconfine alla Rete nazionale antirazzista, fu animatore instancabile della solidarietà con il popolo curdo e subì il carcere in Turchia.

Come capita sovente alle persone impegnate con anima e corpo nella solidarietà concreta con le persone più oppresse, impegnate senza un attimo di respiro nella lotta contro l’orrore dominante, talvolta gli poteva accadere di compiere forzature e commettere errori, di sottovalutare questioni di interpretazione e di metodo, di procedere a testa bassa dove invece occorreva maggiore attenzione, di non tener sufficiente conto del decisivo nesso che lega i fini e i mezzi. Tutti siamo esseri umani.

Ma la sua azione tenace e costante in aiuto delle persone più bisognose di aiuto resta un esempio indimenticabile, un insegnamento per ogni persona di volontà buona.

Chi scrive queste righe ha sovente riflettuto su questo paradosso: che dinanzi a una situazione di violenza dispiegata occorre agire per contrastarla con un’azione nonviolenta tempestiva, poiché talvolta la tempestività è tutto; ma proprio questa indispensabile tempestività talvolta preclude la possibilità di una comprensione adeguata della complessità del quadro d’insieme e quindi espone alla possibilità che quell’azione giusta e necessaria tragga pur tuttavia con sé non lievi errori di metodo e di merito che potevano e dovevano essere evitati se solo si avesse avuto il tempo per una più ponderata analisi; e viceversa che un’analisi realmente approfondita tanto del contesto dato così come delle conseguenze sia pur inintenzionali e delle sia pur indirette implicazioni delle proprie azioni possa infine riuscire paralizzante o comunque fortemente indebolire l’efficacia della propria azione di contrasto della violenza in atto.

Chiunque si sia trovato impegnato in una lotta concreta contro la violenza dispiegata, contro l’ingiustizia strutturale, contro l’oppressione in atto, in soccorso di persone esposte ad abusi e pericoli tremendi, sa che quasi mai la propria azione buona può essere priva di interne contraddizioni, di coni d’ombra; sa che quasi mai la propria azione buona è del tutto al riparo dal fatto che altri la sfrutti per altra ingiustizia, altra violenza imporre.

Ma quello che è decisivo è agire qui e adesso per contrastare la violenza e l’oppressione, è agire qui e adesso in difesa della vita, della dignità e dei diritti di chi qui e adesso oppressione e violenza subisce, è agire qui e adesso per salvare tutte le vite. Il militante antifascista, la persona amica della nonviolenza, sa quanto problematici siano i nessi e i conflitti non solo tra etica e politica, non solo tra etica dei principi ed etica dei risultati, ma anche tra giustizia e misericordia; il militante antifascista, la persona amica della non violenza, sa che deve agire qui e adesso per contrastare e sconfiggere, o almeno ridurre la violenza; sa che deve agire qui e adesso per soccorrere, accogliere, assistere chi ha bisogno di aiuto; e sa che la sua azione antifascista, la sua azione nonviolenta, reca anch’essa i limiti e le contraddizioni di ogni azione concreta in una situazione concreta, che in quanto necessariamente conflittuale nuovi conflitti essa stessa genera.

Non so se Dino si considerasse tale, ma io l’ho sentito non solo come un compagno di lotte, ma anche come un amico della nonviolenza, di quella nonviolenza critica e dialettica, conflittuale e contestuale, fallibilista e sempre aperta, antitotalitaria ed antidogmatica, misericordiosa ed irreconciliata, del perplesso tanto quanto del persuaso, senza subalternità e senza illusioni, contenta del bene che si può fare e allora fallo, fallo tu adesso quel bene che sai, quel bene che puoi.

Contrastale tu qui e adesso la violenza, l’ingiustizia, l’oppressione che vedi. Aiutala tu qui e adesso la persona che soffre, la persona in pericolo, la persona che altri ha schiacciato. Dai il tuo contributo alla lotta comune per il bene comune dell’umanita’.

Ricordando Dino Frisullo in questi giorni penso a quanto sarebbe utile oggi la sua presenza. E a quanto ci conforti ed illumini ed interpelli ancora la sua testimonanza, il suo esempio.

Nella lotta per far abrogare le scellerate misure razziste contenute nei due “decreti sicurezza della razza” imposti dal governo che nel 2018-2019 ha commesso flagranti violazioni della Costituzione della Repubblica italiana e del diritto internazionale, flagranti crimini contro l’umanità.

Nella lotta per far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo, per sconfiggere le mafie schiaviste dei trafficanti, per abolire i lager libici: semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro.

Nella lotta per abolire la schiavitù e l’apartheid nel nostro paese, riconoscendo finalmente tutti i diritti a tutti gli esseri umani, e in primo luogo il diritto di voto: “Una persona, un voto” e’ il fondamento della democrazia. Nella lotta per salvare tutte le vite in pericolo.
Il razzismo e’ un crimine contro l’umanità.
Anche nel ricordo di Dino Frisullo proseguiamo nell’impegno comune per il bene comune di tutti gli esseri umani.