Sarà anche divertente, ma imitare Pippi Calzelunghe proprio no. In un episodio la monella si equipaggia per bene e sotto una pioggia a catinelle, munita di innaffiatoio, va all’orto di Villa Villacolle e innaffia a più non posso.

Rivendica il suo anticonformismo ma non è da farsi. L’acqua è un bene prezioso, se già piove a dirotto meglio lasciar fare al cielo che è più esperto di qualunque ortolano. Non vale ed è altrettanto assurdo, anzi di più, il divieto che molte amministrazioni impongono nei periodi di siccità all’uso dell’acqua per bagnare gli orti. Divieto scellerato in quanto non tiene in conto alcuno un concetto chiave: quello di acqua equivalente. Bagnare un orto significa, se fatto in maniera corretta, risparmiare acqua non solo per la propria bolletta, ma per l’intera la collettività. Un vassoio di verdura acquistato al supermercato, infatti, costa in acqua molto di più: quanta ce ne vuole per fabbricare il contenitore e quanta ne consumano per coltivazione, lavaggio e quanta per il trasporto?

Bagnare direttamente le proprie verdure è un risparmio assoluto per tutti, per il pianeta. Negli orti, e per fortuna, si vedono molti bidoni blu, sono quelli da duecento litri, si vedono anche delle cisterne cubiche nella loro brava intelaiatura di ferro, da mille litri, collegate ad un tetto, ad una gronda, forniscono già ottima acqua per irrigare. L’acqua del rubinetto spesso è troppo ricca di cloro. L’acqua delle cisterne è quella piovana ed ha il tempo di decantare. Quella è l’acqua migliore.

Non è poi, di certo, colpa degli ortolani, se in Italia non si pratica la distinta e netta separazione tra le due acque, quelle bianche, di sorgente, destinate agli usi alimentari, e quelle nere, derivanti da precipitazioni o da fonti non sicure, quelle industriali: questa dovrebbe essere una di quelle «grandi opere» che nessun governo «della transizione ecologica» si decide a compiere. Premesso che un terreno coltivato con sistema biologico, biodinamico o comunque che tenga conto della importanza infinita della fertilità del suolo, comunque richiede meno acqua di uno condotto in agricoltura convenzionale, ecco le dritte sulle corrette innaffiature.

Se in inverno, qualora fosse necessario, è meglio innaffiare al mattino, ovviamente mai se la temperatura è bassa, in estate, meglio al tramonto. Quegli impianti di irrigazione che vediamo spruzzare acqua alle tre del pomeriggio in agosto, sono uno spreco e fanno pure male alle piante. Nell’orto, andiamo dopo il tramonto, l’ideale sarebbe con due innaffiatoi, cedendo acqua alla base delle piante per evitare malattie e marciumi. Mai sulle foglie. Un impianto di irrigazione a goccia ben mantenuto, è anche questo una buona cosa. Soprattutto, una coscienza della scarsità d’acqua ci deve portare ad adottare tutte le accortezze che diminuiscono sensibilmente il suo consumo. Pacciamatura, consociazioni appropriate, tenere il minimo di terreno scoperto, preferire assolutamente l’uso di bordure al prato inglese.

Adottiamo varietà a ridotto consumo d’acqua, un simbolo è il pomodoro della zona vesuviana detto «Siccagno». Nella tradizione si usava innaffiare alla semina e fin quando cresciuto e ben radicato, poi poteva sopportare la siccità. Cerchiamole queste varietà, consumeremo meno acqua.