Il presidente della Liguria e commissario di governo per l’emergenza a Genova dice che i 5 Stelle sono «velleitari» e che se insistono a tener fuori Autostrade dalla ricostruzione del ponte crollato il 14 agosto saranno sommersi da «ricorsi al Tar, impugnative alla Corte costituzionale, risarcimenti danni, sequestri dei cantieri». I 5 Stelle rispondono a Toti che lui è «una mina vagante che risponde esclusivamente ai comitati di affari» e che «deve limitarsi a rispondere al governo». In mezzo c’è la Lega, alleata di Toti alla guida della Liguria – il presidente di Forza Italia è del resto il primo sostenitore tra i berlusconiani della linea filo-leghista – convinta anche lei che non si possa strappare troppo, nemmeno con Autostrade, sulle concessioni, ma alla fine inevitabilmente legata ai 5 Stelle nel governo nazionale. E così ecco la risposta di Salvini a chi gli chiede a chi intenda dare ragione, se a Di Maio o a Toti: «Hanno ragione tutti e due, magari con accenti diversi ma io penso che dicano le stesse cose».

Non è ovviamente così, perché il vice presidente del Consiglio Di Maio e il ministro delle infrastrutture Toninelli avrebbero volentieri tenuto Autostrade lontanissima dalla ricostruzione e di certo non hanno gradito vedere l’amministratore delegato della società che fa capo ai Benetton seduto al tavolo della ricostruzione con sindaco, presidente della regione e Fincantieri. Solo che né Di Maio né Toninelli hanno ancora trovato il modo per escludere la società concessionaria dal cantiere fino a quando non riusciranno a revocare la concessione, e sanno bene che un colpo di mano espone precisamente a quella pioggia di ricorsi cui allude Toti. Ecco perché il «decreto Genova» potrebbe non arrivare neanche questa settimana, la settimana in cui cadrà il primo mese dal crollo del ponte Morandi.

Un indizio su quello che ci sarà dentro il decreto lo fornisce lo stesso Salvini, che si dice «favorevole a derogare le leggi ordinarie» per far partire la ricostruzione. Ma questo non risolve la partita tra M5S e Lega (con il rincalzo di Forza Italia in Liguria). Perché seppure arriverà la deroga al codice degli appalti in modo da saltare la gara europea per l’approvazione del progetto del nuovo ponte, questo non vuol dire che passerà la linea Toti – associazione temporanea di imprese con dentro sia Fincantieri che Autostrade – o la linea M5S, tutto a Fincantieri.

Una prova delle difficoltà di Di Maio sta anche nella sua aggiunta alla quotidiana ripetizione degli impegni. «Autostrade deve mettere i soldi ma non deve toccare una pietra, l’ho promesso ai familiari delle vittime», ha detto ancora ieri. Poi però ha aggiunto: «Se Autostrade non mette i soldi subito noi li anticipiamo e ce li riprendiamo dopo». Evidentemente anche al ministero delle infrastrutture stanno cominciando a capire che l’esclusione della concessionaria dal cantiere, quando da convenzione toccherebbe a lei ricostruire, mal si concilia con la possibilità di farle pagare da subito le spese.

Il recupero di queste ingenti somme da parte dello stato, poi, seguirebbe i tempi legali della revoca della convenzione, nella quale c’è anche la clausola capestro del diritto all’indennizzo di Autostrade. Naturalmente di fronte all’enormità e alla gravità del danno lo stato – e cioè l’Anas – cercherà di evitare questi assurdi rimborsi ai Benetton, ma anche questo passaggio dipenderà dall’accertamento sia penale che tecnico delle responsabilità del crollo. E se dal punto di vista tecnico i ritardi sono attribuibili al ministro Toninelli, che ha sbagliato la nomina di metà commissione di indagine, dal punto di vista penale «anche il ministero sembra avere le sue pesanti responsabilità sul crollo», come ha gelidamente ricordato Toti.