Scorrerà più veloce il sipario o il calendario? Domanda che si ripropone ogni anno di questo periodo, costringendo lo spettatore a barcamenarsi tra desideri e realismo, come sempre decisamente contrastanti. In una prospettiva privata (e quindi forse egoista), verrebbe da augurarsi che finalmente il teatro, e in particolare quello di nuova generazione, superi il proprio accasciarsi sotto i colpi della pandemia. Soprattutto quella «culturale» (ma anche quella «di consumo»), che vogliono farci piangere a furia di capolavori irrealizzabili, o anche solo nel «diario di un malato» che quel capolavoro non è in grado di realizzare. E allora si tuffa rischiosamente nelle nuove tecnologie…
L’altro aspetto di cui sarebbe bello auspicare il cambiamento è ovviamente quello «istituzionale». Con speranze ancora minori, purtroppo. Il fatto evidente che il lavoro artistico teatrale non possa essere che «discontinuo» è lampeggiato ogni tanto nella discussione a singhiozzo del bilancio pubblico per il 2023, ma il balletto dei debuttanti con la destra al governo non si è ancora concluso con la prova dei fatti. Quindi è da vedere come finirà.

LE ROCCAFORTI resterebbero le grandi e ricche istituzioni pubbliche, ma proprio lì non c’è da aspettarsi grandi novità e tanto meno emozioni. Chi ha lavorato bene (pur tra critiche e accuse) continuerà a farlo, ma oltre allo stabile di Torino (o a quelli locali come i Teatri di Reggio Emilia, tanto per fare un esempio) pochi se ne possono menzionare. Le nuove direzioni che in questo 2022 hanno debuttato non hanno dimostrato grande fantasia o intraprendenza, se non numerica, senza badare troppo per il sottile alla «qualità», o fantasia che dir si voglia. Quelle a sud di Napoli rimangono acquattate in un minimalismo ammannito anche con qualche prosopopea ai propri spettatori.
In mezzo a tutta questa confusione sta la «grande bellezza» della capitale, in una crisi perenne che ondeggia tra mancanza di fantasia ed eccesso di politicismo. La vaghezza dell’assessore Gotor non rincuora, bisognerà affidarsi al ritorno di Giovanna Marinelli come commissaria a tempo. In pochi mesi (il suo mandato scadrà a marzo) dovrà allestire una programmazione che abbia un senso all’Argentina e all’India, e preparare il progetto triennale per il ministero. Tanti auguri a lei e a tutti, soprattutto agli spettatori, che oltre a pagare il biglietto, pagheranno anche questa stato confusionale.