Ho scoperto il Food Porn nell’estate del 2013 quando, ferma per qualche tempo, mi capitò d’improvviso di guardare molta televisione. Passando distrattamente da un canale all’altro, mi accorsi che sullo schermo si alternavano costantemente trasmissioni di cucina oppure format sulla dieta. Cominciai così un’osservazione più sistematica dei vari palinsesti, per capire se era stato casuale, oppure se anche in televisione stava succedendo quello che vent’anni prima aveva evidenziato Zigmunt Bauman in merito al fatto che in cima alle classifiche dei libri più venduti ci fossero sempre libri di dieta e libri di ricette; per Bauman ciò rappresentava una significativa dimostrazione di come, nella società neoliberale della responsabilizzazione individuale, fossimo ormai condannati a «ricercare soluzioni biografiche alle contraddizioni sistemiche».

Il doppio legame del «consuma e sii magro», tuttavia, non è il solo cortocircuito da affrontare in una modernità alimentare caratterizzata da istanze salutistiche, edonistiche, estetiche e identitarie fortemente contraddittorie. I molti discorsi intorno al cibo producono un mosaico cacofonico che rende necessario avvalersi di guide. La sovrabbondanza di format sulla dieta nelle forme di lifestyle e makeover television – un tipo di trasmissioni finalizzate all’introiezione delle corrette condotte di vita – risponde quindi all’esigenza di offrire un supporto – una sorta di bussola orientata al corpo disciplinato – all’esercizio dell’autocontrollo. La stessa funzione di dispositivo di autodisciplinamento che, più di recente, svolgeranno anche le apparecchiature digitali per il self-tracking.

Nella gastro-anomia contemporanea, il cibo è pensiero e ossessione costante ma è anche una parte fondamentale dell’esibizione del sé, così come del resto lo è il corpo. Ed è proprio la gestione di queste tensioni alla base della diffusione del Food Porn. La pornografia alimentare, infatti, si sviluppa in una società occidentale in cui la maggior parte della popolazione è costantemente a dieta perché il corpo magro assume significati morali e politici. La tesi, insomma, è questa: come pornografia e prostituzione aumentano nei periodi di grande repressione sessuale (lo diceva Foucault), così la gastro-pornografia esplode in un momento in cui gli imperativi salutistici diventano imperativi morali. Il corpo magro, sinonimo di corpo sano, testimonia infatti che attraverso l’adozione di stili di vita salutari si può – anzi si deve – collaborare al contenimento della spesa sanitaria in una società di welfare neoliberale. Per questo il corpo disciplinato diviene un attributo di buona cittadinanza e, per lo stesso ordine di motivi, l’obesità è così stigmatizzata.

Negli ultimi quindici anni, parallelamente all’ossessione per la dieta e il corpo magro, il fenomeno del Food Porn si è evoluto, prima allargandosi alla pratica di condivisione di foto di cibo sui social media e, successivamente, declinandosi nel mukbang, un’attività che consiste nel guardare persone che, dall’altra parte dello schermo, mangiano in grande quantità cibi «proibiti»; oggi si parla infatti di «Food Porn Media».

La lunga immersione nella pornografia alimentare, con la sua specifica narrazione visiva, ha progressivamente addomesticato uno sguardo gastropornografico alla continua ricerca di immagini culinarie, che, ovviamente, sublimano un desiderio privo di possibilità si appagamento. Di tutto ciò si è accorta la politica che, contando su questo diffuso voyerismo gastronomico, ha iniziato a utilizzare il cibo e la cucina per veicolare alcuni specifici messaggi. In questo senso, si possono ricordare i celebri i gastro-post di Matteo Salvini, utilizzati per ricostruire un’immagine più «nazionale» del suo partito e per rafforzare la sua apparenza di uomo del popolo, o i mini video di Giorgia Meloni (5 minuti con Giorgia) in cui la ricetta tricolore della caprese diventa veicolo di messaggi sovranisti, o, ancora, la oramai celebre video-ricetta utilizzata da Alexandria Ocasio-Cortez per proporre il suo «Tax the Rich». Grazie al Food Porn, insomma, parlare alla pancia degli elettori e delle elettrici sta assumendo un significato sempre più letterale.

* Anticipazione della conferenza della sociologa Luisa Stagi ai Dialoghi di Pistoia