Il 2022 è stato uno degli anni peggiori per la qualità dell’aria nelle città. Si è visto in particolare a Milano, dove il limite massimo di concentrazione giornaliera del Pm10 nell’aria è stato superato per 91 volte, 30 in più rispetto ai 61 del 2021. Secondo la direttiva europea, il limite non dovrebbe essere superato più di 35 volte in un anno, limite oltrepassato anche da Torino e Padova. Non va meglio per gli altri inquinanti: nell’ambito della campagna Clean Cities di Legambiente, nessuna delle 13 città monitorate rispetta i valori suggeriti dall’Organizzazione mondiale della sanità, sia per quanto riguarda il PM10 che per il PM2.5 e gli ossidi di azoto.

LE RAGIONI DI UNA QUALITÀ dell’aria così pessima nelle nostre città, manco a dirsi, sono legate a un uso ancora inteso e diffuso delle automobili che va a braccetto con la debolezza del sistema di trasporto pubblico locale. Non si tratta solo di una questione quantitativa. La qualità dell’aria dipende molto da cosa circola: difatti per le strade gira ancora troppo, spesso a nostra insaputa, un killer silenzioso: il diesel.

IL DIESELGATE SCOPPIATO NEL 2015 aveva portato alla luce il fatto che alcune case automobilistiche producevano veicoli dotati di un software in grado di falsare i risultati dei test di omologazione relativi alle emissioni di gas inquinanti, quali gli ossidi d’azoto (NOx), la categoria di inquinanti dagli effetti più nocivi sulla salute. Risultato, milioni di Diesel euro 5 e euro 6 fuorilegge circolanti in Europa, quasi 7 milioni in Italia al 2019, secondo le elaborazioni della Ong Transport&Environment.

IN SEGUITO ALLO SCANDALO, una Commissione del Parlamento europeo e successivi test da parte dell’International Council on Clean Transportation, organizzazione indipendente che fornisce consulenza, agli enti regolatori) avevano accertato con centinaia di migliaia di test in tutta Europa che i diesel fino a euro 6 C producevano emissioni di ossidi di azoto mediamente di 4/5 volte superiori al loro limite di legge. «I governi avrebbero dovuto far richiamare le macchine con i software incriminati, ma questo non è avvenuto quasi per niente», denuncia Anna Gerometta di Cittadini per l’aria, storica associazione per la difesa dall’inquinamento atmosferico. «In alcuni casi i governi, come fece quello italiano nell’ambito dell’inchiesta del parlamento europeo, hanno addirittura avallato la tesi dei fabbricanti d’auto che dicevano che questi meccanismi, poiché in vario modo disattivano il sistema di controllo delle emissioni degli inquinanti), servivano a proteggere il motore delle auto. Tesi smentita di recente da varie sentenze della Corte di giustizia europea: una per esempio ha stabilito che un dispositivo che garantisce il rispetto dei valori limite di emissione solo quando la temperatura esterna è compresa tra 15 e 33 gradi Celsius e l’altitudine a cui si circola è inferiore a 1 000 metri costituisce un «impianto di manipolazione».

IN UN ALTRO RECENTE CASO ancora pendente l’Avvocato Generale ha consigliato ai giudici della Corte di Giustizia Ue di riconoscere ai cittadini a un risarcimento qualora il suo veicolo sia equipaggiato con un simile sistema di manipolazione del controllo delle emissioni. Un’altra sentenza interessante è quella che ha confermato che anche le associazioni ambientaliste hanno il diritto di impugnare i certificati di omologazione dei veicoli qualora siano stati concessi in violazione della norma che vieta «l’uso di impianti di manipolazione che riducono l’efficacia di sistemi di controllo delle emissioni».

QUESTI DIESEL PERÒ CONTINUANO a circolare avvelenando l’aria. «Dai dati, non ancora pubblicati, prodotti nell’ambito del progetto europeo CARES- city air remote emission sensing», continua Gerometta, «si evince chiaramente che gli ossidi di azoto sono emessi principalmente dai motori diesel». Il remote sensing (telerilevamento) applicato all’inquinamento dell’aria è una tecnica che consente tramite sensori ambientali di intercettare e misurare istantaneamente tutte le sostanze prodotte dai motori in circolazione, e di individuare tramite una fotografia il veicolo responsabile. «Si tratta di un sistema formidabile che consentirebbe di controllare davvero cosa esce dalle auto che circolano nelle nostre città, comunicare con chi ha automobili inquinanti, informarli e sensibilizzarli; e, finalmente, monitorare le emissioni reali dei veicoli in circolazione».

NEL FRATTEMPO, CITTADINI PER L’ARIA non se ne sta con le mani in mano: si sono appena concluse le iscrizioni alla campagna di scienza partecipata Salviamo l’aria: NO2 NO Grazie, che si svolgerà nelle aree metropolitane di Roma e Milano dal 4 febbraio al 4 marzo 2023, con circa 1400 punti di campionamento. Durante queste quattro settimane i cittadini tramite un campionatore passivo che misura il biossido di azoto, potranno contribuire a rivelare le concentrazioni di questo inquinante punto per punto nei comuni delle grandi due aree metropolitane, in maniera precisa e diffusa, consentendo ai ricercatori di sviluppare mappe di diffusione, scoprire hot-spots e stimare l’impatto sanitario di questo inquinante nelle nostre aree urbane e, non ultimo, valutare le misure necessarie a ridurne le concentrazioni. Saranno gli stessi cittadini scienziati a scegliere dove monitorare l’NO2, posizionando il piccolo campionatore in strada a 2,50/3 metri dal suolo in modo da ottenere una rilevazione uniforme in tutti i punti di raccolta dell’inquinante. La campagna ospiterà anche uno studio dentro lo studio: gli impatti delle sostanze inquinanti sulla salute mentale coinvolgendo i partecipanti in una settimana di test giornalieri i cui esiti verranno incrociati con le concentrazioni degli inquinanti dell’aria.