Un disastro naturale considerato il peggiore dell’epoca moderna: oltre 230mila le vittime, causate da uno tsunami che ha colpito Indonesia, Sri Lanka, India, Thailandia, Birmania, Malesia, Bangladesh, tra gli altri. Un terremoto e un maremoto capaci di spazzare via persone e intere città e villaggi, ancora presenti nell’anima di quei luoghi – molti dei quali popolati da turisti provenienti da ogni continente – e impressi nell’immaginario collettivo. Tanto che il famoso scrittore francese, Emmanuele Carrère, ha deciso di iniziare proprio con la descrizione dello tsunami in Sri Lanka il suo romanzo Vite che non sono la mia.

Un disastro accaduto esattamente dieci anni fa. E ieri in tutte le zone colpite è stato il giorno del ricordo e della memoria, per provare ad andare avanti, perché dieci anni, in fondo, sono davvero pochi. In alcune delle zone la ricostruzione è stata rapida, in altre meno: tutti i luoghi sono accomunati dalla sensazione di impotenza di fronte alle valanghe d’acqua capaci di tirare via in pochi minuti, intere città. In Indonesia, il paese che è stato colpito più duramente dall’evento, le cerimonie si sono svolte a Banda Aceh, la città più vicina all’epicentro sottomarino del sisma.

Il vice presidente indonesiano, Jusuf Kalla, ha reso omaggio alle vittime sepolte nella fossa comune di Siron e ha ricordato come al cataclisma fece seguito una gara solidarietà in tutto il mondo per aiutare le popolazioni colpite. «Non ho mai visto una generosità e una solidarietà così straordinaria come quella che ho visto dopo lo tsunami», ha detto. Una cerimonia di commemorazione delle vittime si è svolta anche nella moschea della città, uno dei pochi edifici di Banda Aceh che ha resistito alla forza distruttiva dello tsunami.

A questo proposito, l’Imam Asman Ismail ha detto che lo tsunami aveva trasmesso una «lezione importante» per Aceh, in precedenza eatro di un conflitto armato durato per quasi 30 anni. «Dopo lo tsunami, nessunoha più combattuto contro l’altro, le persone vivono in armonia e in pace», ha detto.

Gli sforzi per porre fine al conflitto ripreso dopo lo tsunami, si è infine concluso con un accordo di pace tra il governo e i ribelli nell’agosto del 2005. Ma ad Aceh, secondo molti dei giornalisti che sono tornati lì, dieci anni dopo, sembra impossibile sfuggire dal ricordo dello tsunami: ognuno ha una storia da raccontare, il luogo è pervaso da monumenti improvvisati che ricordano quanto accaduto, siano i resti di una casa o di una barca.

 

Non lontano dal centro della città, nel villaggio di Lampulo, c’è una sorta di santuario dello tsunami. Un gigante peschereccio si trova sulla cima di una casa abbandonata: il luogo è diventato un’attrazione turistica. In Indonesia le vittime dello tsunami sono state oltre 160mila. Anche in Sri Lanka molte le cerimonie commemorative per le 35mila vittime. E per ricordare, si sono svolti due minuti di silenzio in tutto il paese.

È stato anche ricordato l’evento forse più commovente di tutti, ovvero l’Ocean Queen Express, il treno che viaggiava lungo la costa quando fu travolta dall’onda gigante. Per ricordare le oltre 1400 persone rimaste uccise a bordo del treno, è stato organizzato un viaggio speciale del treno sulla stessa tratta ferroviaria. In India invece le vittime furono 16mila, concentrate in particolare nelle isole meridionali come quelle di Andamane e Nicobare. Nello stato meridionale di Tamil Nadu, nel distretto di Nagapattinam, si è pregato per le vittime di fronte ai monumenti alla memoria che sono stati costruiti nei pressi delle spiagge che dieci anni fa furono flagellate dallo tsunami.

Cerimonie commemorative anche in Thailandia, dove le vittime furono 5.500, metà dei quali turisti stranieri in vacanza sulle spiagge di Khao Lak o di Phuket. E a Phuket le vittime dello tsunami sono state ricordate di fronte al muro del ricordo, dove sono stati incisi tutti i loro nomi.