Il vento francese continua a soffiare in Italia. Proseguono le occupazioni del Teatro Mercadante a Napoli e del Piccolo Teatro Grassi a Milano, iniziate lo scorso 26 marzo. Al di là delle Alpi i luoghi culturali occupati sono un centinaio, ma in entrambi i Paesi si fanno richieste precise ai governi per ottenere più tutele, tentando di estendere le lotte oltre i confini di settore. A Napoli l’occupazione si è trasformata in un’assemblea permanente che si svolge ogni giorno nel Ridotto del Mercadante, la rete Lavoratrici e Lavoratori Spettacolo Campania si trovava in riunione quando abbiamo raccolto la loro testimonianza collettiva che dà valore anche ai risultati immediati: «Abbiamo provato sulla nostra pelle che queste lotte hanno già prodotto qualcosa di importante, la consapevolezza e l’avvicinamento tra lavoratori».

IL GRUPPO SI È FORMATO all’inizio della pandemia, anche se i problemi del settore non sono nati con l’emergenza sanitaria, perché «in Italia c’è una grande mancanza di tutele per tutti i lavoratori discontinui e precari. La ripartenza dovrà avvenire sulla base di una proposta seria, foriera di un miglioramento». Quanto sta accadendo in Francia è un esempio importante per questa esperienza, non a caso la rete si è collegata più volte in videoconferenza con gli occupanti dell’Odéon e sta proponendo dalla scorsa settimana «Il venerdì della freva», un presidio artistico settimanale che si svolge fuori dalle porte del teatro e che richiama il parigino vendredi de la colère. «La Francia è una fonte di ispirazione perché i lavoratori francesi, dello spettacolo e non solo, hanno la capacità di reagire quando ci sono situazioni che non possono essere risolte altrimenti che collettivamente e dal basso. Hanno una spinta naturale ad autorganizzarsi e far sentire la propria voce al contrario di quanto avviene in Italia, dove i diritti sono stati smantellati governo dopo governo e i lavoratori hanno troppo spesso abbassato la testa, aspettando che il peggio passasse», ci raccontano. Nell’appuntamento di domani ci sarà anche Ascanio Celestini e la settimana prossima Moni Ovadia, «vogliamo però sottolineare che questi non sono spettacoli. La mancanza, che poi è innanzitutto una mancanza di salario, va fatta emergere e non coperta con attività surrogate».

I lavoratori dello spettacolo al Mercadante di Napoli

A MILANO È LA RETE Lavoratrici e Lavoratori Spettacolo Lombardia a presidiare il Piccolo Teatro Grassi — ribattezzato Piccolo Teatro Aperto — al cui interno vengono proposti incontri pubblici tra maestranze, tecnici, studenti, compagnie, direttori di teatri ed esponenti delle istituzioni. L’illuminotecnico e scenografo Massimo Mennuni ci ha raccontato le ragioni dell’occupazione: «È più di un anno che chiediamo di essere ascoltati in maniera seria, ci sono stati dei tavoli ma sono risultati completamente ininfluenti. La ripartenza a cui stanno pensando sarà un altro play e stop in cui non si riuscirà a programmare nulla. A fronte di una situazione che non si sblocca abbiamo pensato che fosse necessario alzare il livello entrando al Grassi, il primo teatro pubblico in Italia che Strehler regalò alla città. Lui stesso ci entrò la prima volta occupandolo». La prima azione del gruppo è stata quella di dar vita ad un «Parlamento culturale permanente», uno spazio pensato per accogliere momenti di confronto tra tutti i lavoratori del settore, tra i quali vengono inclusi anche cooperative, proprietari di service, occupati del settore turistico e degli eventi. Mentre si intessono nuove relazioni, si pensa ad una riapertura in sicurezza: «Abbiamo incontrato i direttori e le direttrici dei teatri di Milano per scrivere insieme un protocollo per la ripartenza», continua Mennuni. Anche la cittadinanza ha risposto con entusiasmo all’occupazione, le cui iniziative sono aperte al pubblico fino ad un numero massimo che corrisponde agli standard di sicurezza comunicati dal reparto addetto del teatro.

UNA VOLTA RAGGIUNTA la capienza gli interventi vengono trasmessi sulla piazza antistante. Gli occupanti, di concerto con altre reti, hanno inoltre formulato una bozza di riforma strutturale del lavoro nello spettacolo. Una proposta dal basso il cui cardine è il riconoscimento del lavoratore discontinuo, come ci ha spiegato Mennuni: «Quando noi tecnici e maestranze siamo fermi non siamo in realtà disoccupati, siamo in preparazione di un ulteriore spettacolo. È una caratteristica intrinseca al nostro lavoro, per la quale è necessaria una indennità di discontinuità».