Giuseppe Conte scivola sulla crisi afghana. «Dobbiamo coltivare un serrato dialogo con il nuovo regime che appare, almeno a parole, su un atteggiamento abbastanza distensivo», ha detto mercoledì sera a Ravello. Concetto ribadito ieri a Salerno dal leader del M5S: «L’unica possibilità che abbiamo per non distruggere il lavoro di venti anni è assolutamente mantenere un dialogo serrato e costante con il nuovo Emirato Arabo e far capire loro che da soli non possono andare da nessuna parte: hanno bisogno ancora della comunità internazionale. Dobbiamo pretendere da loro il rispetto dei diritti fondamentali». E ancora: «Non va assunto un atteggiamento arrogante, l’Occidente deve coinvolgere Cina, Russia e Pakistan per mantenere un dialogo con i talebani».

Parole che scatenano una polemica politica e imbarazzano Luigi Di Maio, impegnato ieri nel G7 straordinario sull’emergenza afghana. «Dobbiamo giudicare i talebani dalle loro azioni, non dalle loro parole. Dobbiamo mantenere una posizione ferma sul rispetto dei diritti umani e delle libertà, e trasmettere messaggi chiari tutti insieme», le parole del ministro degli Esteri.

Su Conte piovono critiche, in particolare da Italia Viva: «Meno male che a presiedere il G20 a nome del governo italiano ci sarà Mario Draghi», attaccano Ettore Rosato e Maria Elena Boschi. «Dialogo con i tagliagole? Non ho parole», dice il leghista Calderoli. Enrico Letta evita il frontale con l’alleato: «Dialogo? A me sembra francamente molto difficile, dobbiamo attrezzarci al peggio».

Conte controreplica ai renziani: «È vergognoso che in Italia ci sia chi gioca a strumentalizzare fatti e dichiarazioni per biechi fini di polemica politica. E lo fa lo stesso partito che inneggia al rinascimento arabo. Quando ho detto “dialogo serrato” ho inteso una compatta pressione sui talebani affinché siano costretti ad accettare condizioni e garanzie per il riconoscimento dei diritti fondamentali della popolazione».