«Davide Casaleggio non pensa affatto che Matteo Salvini ci abbia usato». La smentita, secca, arriva nel pomeriggio: il M5S alza i toni ma in realtà attacca per difendersi dall’Opa leghista. Luigi Di Maio ha portato i suoi ad allearsi con la Lega, ma il socio di minoranza della coalizione ha trascinato i grillini sulle posizioni no euro che sulla strada per palazzo Chigi parevano archiviate. Qualcosa non ha funzionato? Di Maio nega, chiede ai sostenitori di scendere piazza e di esporre una bandiera tricolore contro il «governo anti-italiano» di Cottarelli-Mattarella.

IL PRIMO VAFFA-DAY si tenne nella data simbolica dell’8 settembre (era il 2007): il «tutti a casa» venne intimato ai politici. La giornata convocata per protestare contro il presidente della repubblica è fissata per il 2 giugno. Nel giorno della festa della repubblica, dunque, i grillini adotteranno definitivamente lo schema inaugurato qualche giorno fa, in piena trattativa di governo, quando Alessandro Di Battista lanciò il suo anatema contro i «traditori della patria». Chi tiene le leve del M5S conosce bene la differenza tra voto e partecipazione diretta: la seconda è ampiamente scoraggiata e i cortei spesso disertati. Di Maio prenota la piazza (non enorme: non ci si aspettano masse oceaniche) della Bocca della verità ma ha il problema di rilegittimarsi e mobilitare il suo popolo, mostrarsi adeguato al nuovo corso, evitare che la ferita aperta da Mattarella si rimargini e dare un segnale a Salvini, co-firmatario del contratto di governo e al tempo stesso competitor, per di più sospettato di aver fatto saltare il banco con il Colle per giocarsi tutto col ritorno alle urne.

L’OMBRA ALEGGIA e rischia di oscurare anche la figura del capo politico grillino, che ha lanciato l’impeachment a Mattarella proprio per sfidare la Lega sul suo terreno. Nel primo pomeriggio di ieri, prima di apparire in un video su Facebook per lanciare il volto tricolore del M5S, Di Maio e Salvini si sono incontrati alla camera. Lì hanno deciso di far pesare la maggioranza nelle commissioni e nelle aule del parlamento. Partecipando al salotto di Barbara D’Urso, Di Maio ha negato ogni intenzione di uscita dall’euro. Il che contraddice l’altra rivelazione, che pure è stata smentita dal Quirinale e che dimostra qualche confusione sui fondamentali: per uscire dall’impasse, Di Maio dice di aver proposto a Mattarella il nome di Alberto Bagnai, economista schierato su posizioni no euro forse più radicali di quelle di Paolo Savona. Sulle prossime mosse parlamentari, il leader 5 Stelle evidenzia soprattutto due temi: il taglio dei vitalizi e lo stop «al business dell’immigrazione». Molti eletti grillini hanno agghindato i loro profili social di bandiera italiana, ma non è affatto scontato che la breve attività parlamentare che condurrà il paese al voto si svolga davvero in simbiosi con la Lega, senza esecutivo, posti di sottogoverno e con l’auspicata forza dei ministri a far da battistrada.

D’ALTRO CANTO, È VERO anche che per la prima volta nel M5S si ipotizza un’alleanza elettorale vera e propria. Se il centrodestra dovesse sfasciarsi, è il ragionamento, i giallo-verdi potrebbero andare al voto presentando il programma di governo che era stato scritto e consegnato all’ormai decaduto Giuseppe Conte. Quanto alle candidature, il messaggio agli eletti è chiaro: «Se parte il governo scatta il secondo mandato, altrimenti si ripresentano le stesse liste». Insomma, senza una maggioranza che sostiene Carlo Cottarelli saranno tutti confermati. In serata l’allarme-palude sulla legislatura che circola tra i vertici grillini si fa esplicito: «Si deve votare il prima possibile perché qualcuno potrebbe comprare il voto degli eletti», dice Di Maio a Matrix.

LA CRISI ISTITUZIONALE mette alla prova anche la posizione di Roberto Fico, che aveva deciso di stare alla finestra e scommesso su tempi medio-lunghi per provare a cambiare segno all’alleanza con la Lega. Il presidente della camera oggi è annunciato al meeting annuale della Banca d’Italia, dove ascolterà le considerazioni finali di Ignazio Visco. Qui potrebbe esternare, visto che solo pochi giorni fa Fico definiva «impeccabile» il lavoro del presidente Mattarella. Alessandro Di Battista, dal canto suo, è in partenza. Il viaggio in America che ha annunciato da mesi non verrà sospeso. «Tanto non si vota prima dell’estate», dice mentre fa i bagagli. E lancia un salvagente a Di Maio, augurandosi che sia ancora candidato a Palazzo Chigi. Il timone incandescente resta in mano a lui, il cui braccio destro Vincenzo Spadafora è già stato ridimensionato nelle scorse settimane dai malumori grillini e dalle sue frequentazioni pre-M5S. Di Maio dovrà adattarsi ad un Movimento 5 Stelle di lotta invece che al ruolo di governo nel quale pareva già calato.