Se c’è un posto in cui negli anni scorsi il Movimento 5 Stelle ha potuto intrecciare la lotta contro la casta a una mobilitazione radicata nei territori, questo è la Valle di Susa. È qui che Beppe Grillo è stato sottoposto a processo per aver violato uno dei punti chiave della militarizzazione della valle. E qui Francesca Frediani, consigliera regionale in Piemonte ha annunciato di lasciare il M5S insieme a Giorgio Bertola, che per i grillini nel maggio del 2019 era candidato alla presidenza della Regione Piemonte. Frediani aveva criticato i vertici fin dai tempi del governo con Salvini e dei decreti sicurezza. Con la sua uscita, si confermano fratture destinate a riverberarsi sul piano nazionale. «Per prima cosa direi che abbiamo smarrito il metodo partecipativo, la possibilità di confrontarsi e dissentire», dice Frediani.

Gli Stati generali dunque sono un’occasione persa?
Hanno scelto di focalizzare in modo superficiale tutto sui contenuti. Non abbiamo potuto mettere in discussione le dinamiche interne. Qui in Piemonte avevamo chiesto la rimozione dei vertici, ma non è stata presa in considerazione. Del resto, basti dire che nessuno dei facilitatori mi ha mai contattato in questo percorso.

Dite anche che il M5S ha ormai scelto di restare al governo a tutti i costi.
Si sono abbandonate le lotte. Rimanere staccati dai territori significa essere sotto ricatto. Il più delle volte questo significa cedere. Sono una di quella che pensa che è meglio che ci sia Conte che altri al governo. Ma questo non significa dover abdicare.

Cosa doveva fare il M5S sul Tav e non ha fatto? Solo pochi giorni fa i suoi colleghi a Roma hanno scelto di non votare il contratto di programma della Torino-Lione.

Sono usciti dall’aula, ma lo abbiamo saputo solo perché ne hanno parlato i nostri avversari, non sono venute fuori le nostre ragioni. Se sei una forza di governo fai un minimo di promozione delle tue idee. Altrimenti ci si riduce al fatto che non abbiamo i numeri. Basti vedere come hanno suddiviso le risorse del Recovery Fund: poco alla sanità e al sociale.

Che reazioni ha raccolto dopo la sua uscita dal M5S?
Dai vertici silenzio. Molti mi hanno scritto dalla base e ho sentito anche molti eletti in amministrazioni locali. E poi ci sono i No Tav. Alcuni mi dicono che era importante che stessi comunque dentro, altri mi dicono che ho fatto bene. Sono sfiduciati verso qualsiasi forza politica.

Del resto, il M5S è la forza principale di una maggioranza parlamentare che traballa.
Di Maio non sta giocando in modo trasparente. Il capo politico, Vito Crimi, è abusivo da mesi. È una situazione surreale. Hanno perso di vista il nostro scopo, si sono fatti prendere dai giochi della vecchia politica. Quando li guardo negli occhi non vedo più l’espressione che avevano all’inizio.

Stanno lavorando alla loro autoconservazione?
Il paese avrebbe bisogno di altro. I partiti si muovono con le loro logiche e noi stiamo facendo il loro gioco: il primo pensiero è non andare a casa. E questa impressione l’abbiamo avuta anche agli Stati generali.

Adesso che farete?
Difendiamo la nostra autonomia. La nostra speranza è che anche a Roma succeda una cosa simile.