Una platea di duecento grillini applaude quando Luigi Di Maio difende Chira Appendino nell’assemblea torinese. Ma non basta a calmare le acque. Perché il dissenso che non emerge a Roma tra i parlamentari, nella giornata in cui per l’ennesima volta il Movimento 5 Stelle insegue la Lega sugli emendamenti al decreto sicurezza bis, diventa palese a Torino. Dove scoppia la grana sul Salone dell’Auto e dove succedono cose che vanno oltre la sfera locale, riguardano gli equilibri nazionali e l’identità stessa del nuovo Movimento 5 Stelle. Quello che «per troppo tempo abbiamo fatto gli istituzionali rispettando tutti e ascoltando tutti. Ma siamo stati trattati da incapaci e stupidi sprovveduti. Qualcuno dice che dovremmo tornare alle origini. Concordo. Ricominciamo a mandare a fanculo chi se lo merita», dice ad esempio Fabio Versaci, consigliere comunale torinese del Movimento 5 Stelle ed ex presidente d’aula: uno di quelli che fino a poco tempo fa erano considerati un fedelissimo della sindaca Chiara Appendino. Le sue parole annunciano la tensione dell’incontro serale dell’Hotel Royal, al quale pure alcuni eletti decidono di non partecipare.

LA RIUNIONE CADE in questa giornata cruciale ma era programmata da tempo. È una tappa del giro d’Italia che il «capo politico» sta facendo per presentare la ristrutturazione organizzativa del M5S e riallacciare il rapporto colla base. E da tempo si attendeva il confronto della base e degli eletti nella regione della Tav, questione emblematica che potrebbe diventare il discrimine tra il M5S di lotta e quello di governo. Non è un caso che Versaci parli di ritorno al passato: è proprio questa nostalgia per la purezza degli esordi che Di Maio stigmatizza da settimane, nell’intervento standard che apre questo ciclo di assemblee. Lo stigma a Torino ha assunto un significato particolare. Perché qui sono convinti, anche se non lo ammettono, che a Roma sulla Tav alla fine cederanno, in nome della governabilità e per far proseguire l’ultima legislatura prima che camera e senato si presentino a seggi ridotti. Il Salone dell’Auto diventa così uno stress test per misurare in che modo il M5S è cambiato e fino a che punto può tollerare l’anomalia della maggioranza del gruppo consiliare torinese, che almeno dal dibattito sulle Olimpiadi invernali, due anni fa, lavora in modo autonomo rispetto alla sindaca e al suo stretto circolo.

APPENDINO POTREBBE spuntarla sacrificando il vicesindaco Guido Montanari, considerato un ortodosso. Qualcuno nei giorni scorsi si era spinto a ipotizzare una soluzione quantomeno complessa: dimissioni in massa dei consiglieri dal M5S ma non dalla maggioranza a Palazzo Valentino, per consentire alla sindaca di proseguire il suo mandato. Questo scenario da ieri appare meno praticabile: l’endorsement che Di Maio ha fatto nei confronti della sindaca rende sovrapponibili le due figure e da adesso è più difficile prendere le distanze dal capo politico continuando ad appoggiare Appendino. «Lei ha sempre incarnato la voglia di costruire, innovare, evolvere, investire in nuove persone», ha detto Di Maio attaccando frontalmente «una piccola minoranza che definisco ‘i nemici della contentezza’» e ammettendo, cosa quasi inedita per il M5S, che la tensione interna che ha raggiunto livelli inediti. Il senatore torinese Alberto Airola, da sempre vicino ai No Tav, auspica una «sintesi» e ci tiene a precisare che i consiglieri messi sotto accusa dai vertici «da sempre hanno idee molto radicate nel programma 5 Stelle». Non sarà facile liquidarli come deviazionisti.

«Oggi si parla solo di riorganizzazione», dice un grillino prima di entrare in sala ad ascoltare Di Maio (tutti gli altri hanno solo due minuti di tempo per dire la loro) e spegnere il cellulare. Le nuove regole, quelle che ieri il Blog delle Stelle ha annunciato e che Di Maio ha illustrato a Torino, consentono una deroga al vincolo del doppio mandato per chi è stato eletto nei consigli comunali. La norma pare fatta apposta per Appendino, e per consentirle di continuare la sua carriera politica dentro al Movimento 5 Stelle. Le parole di Di Maio suonano come un’investitura: «Chiara già nel 2016 rappresentava ai miei occhi il futuro del M5S, oggi lo è più che mai».