Luigi Di Maio non vuole restare col cerino del caso Diciotti in mano. E allora scioglie le riserve, scegliendo la soluzione che fino a pochi giorni fa pareva definitivamente esclusa: domenica prossima il Blog delle Stelle presenterà la consultazione online con la quale gli iscritti alla piattaforma Rousseau dovranno decidere quale atteggiamento assumere sulla richiesta di processo a Matteo Salvini per sequestro di persona.

PIÙ CHE INFLUENZARE le opinioni della loro gente, alla Casaleggio Associati sono specializzati nel misurare il sentimento dominante per poi convogliarlo. Dunque, le misurazioni online delle inclinazioni predominanti dicono che il voto digitale che dovrebbe celebrarsi lunedì viene considerato poco più di una formalità, un passaggio utile a non scaricare la responsabilità politica di concedere l’immunità a Salvini soltanto su Di Maio. Anche se qualche nucleo di attivisti prova a organizzare in queste ore gruppi di pressione per il sì al processo, l’esito dovrebbe essere scontato. Tanto più che il quesito verrà formulato in modo da sottolineare che l’accusa di sequestro di persona che viene rivolta al ministro dell’Interno riguarda tutto il governo (secondo la versione del M5S) e che la decisione sul processo investe anche la sopravvivenza dell’esecutivo gialloverde.

A PRESENTARE IL CASO agli iscritti potrebbe essere il capogruppo in giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato, Mario Giarrusso, che da giorni non fa mistero della sua propensione a votare contro l’autorizzazione a procedere. L’avvocato di Catania che dovrebbe parlare agli attivisti non è esattamente un garantista: in passato ha invocato il ritorno della pena di morte per certi reati a suo parere particolarmente efferati. In questo caso però non ha esitato a prendere posizione contro l’immunità, entrando in polemica con Nicola Morra, il senatore M5S al quale Giarrusso aveva conteso (senza fortuna) la presidenza della commissione antimafia.

Nella mattinata di ieri Di Maio si è presentato coi suoi alleati europei. Sono quattro formazioni politiche diverse tra loro ma, afferma il «capo politico» grillino, «unite dalla propensione per la democrazia diretta». Prima di dire chi c’era, all’evento di Di Maio, è più importante sottolineare chi era assente. Non c’era Davide Casaleggio, perché questa volta Di Maio parla di «democrazia diretta» ma omette qualsiasi riferimento alla piattaforma Rousseau: si limita a segnalare la riforma per il referendum propositivo in discussione in questi giorni in parlamento. Non c’era Alessandro Di Battista, al centro di polemiche post-voto, che pure assieme a Di Maio solo una decina di giorni fa aveva capitanato una spedizione nella Loira francese per incontrare una fazione di sedicenti gilet gialli in chiave di alleanza europea.

Non c’erano, per l’appunto, i gilet gialli, o almeno la corrente che solo fino a pochi giorni fa i grillini rivendicavano di avere agganciato. Perché nel frattempo Christophe Chalençon si è reso protagonista di scomposte dichiarazioni su guerre civili e truppe paramilitari e anche l’altra esponente, Ingrid Lavavasseur, lo ha definitivamente scaricato.

«NON ABBIAMO NESSUNA intenzione di avere a che fare con chi parla di lotta armata», spiega Di Maio a proposito della situazione un po’ surreale che si è venuta a creare dopo la missione francese del M5S. Poi passa a presentare la compagine variegata degli alleati europei. In base al regolamento vigente, per formare un proprio gruppo, cosa fondamentale nelle assise di Bruxelles e Strasburgo per aver accesso a fondi, spazi d’intervento e cariche, servono eletti da sette partiti di sette diversi Paesi membri. Fino ad ora il M5S ne aveva trovati altri tre (i croati di Zivi Zig, nati dalle proteste contro gli sfratti; i polacchi che corrono col simbolo di Kukiz 15 e i finlandesi di centrodestra di Liike Nyt).

La novità dell’ultima ora è l’adesione al gruppo del greco Evangelos Tsiobanidis, leader di Akkel, piccola formazione di agricoltori che ha raccolto pochissimi voti alle scorse elezioni europee e che alle ultime politiche ha sostenuto i moderati di Anel, partitino di destra che appoggia il governo Tsipras in cambio del ministro della Difesa. Di Maio si dice sicuro che le caselle dei due Paesi mancanti verranno presto riempite. E scommette tutto sul crollo delle famiglie politiche storiche che hanno composto le maggioranze in Europa fino ad oggi, popolari e socialisti in primis: «Abbiamo una sfida e un progetto ambizioso da portare avanti, saremo il nuovo ago della bilancia della nuova Ue», dice.

Accanto a lui annuisce il polacco Pawel Kukiz, che racconta di essere riuscito a bucare il muro di gomma della «partitocrazia polacca» solo in virtù della sua carriera da musicista rock, che lo ha reso un personaggio famoso. Impossibile non notare qualche assonanza col M5S di Beppe Grillo, anche se Kukiz in passato ha appoggiato formazioni di estrema destra. Adesso si unisce a questa compagine e giura di non credere alla divisione tra destra e sinistra: «Bisogna dividere i politici tra persone oneste e disoneste».