«Al momento l’attività è stata sospesa, buona giornata». Questo è più meno quello se si sentono rispondere numerosi parlamentari del Movimento 5 Stelle che cercano Luigi Di Maio. Pare che il ministro degli esteri abbia bloccato i messaggi provenienti da molti degli oltre cinquanta deputati e senatori che avevano firmato il documento contro l’approvazione della riforma del Mes, in vista della votazione dello scorso 9 dicembre.

Come è noto, la maggior parta di quei dissidenti rientrò nei ranghi e la maggioranza resse. Non deve essere bastato all’ex capo politico grillino, a conferma del fatto che il posizionamento dei parlamentari sul Mes è stato vissuto, se non da tutti i vertici attuali sicuramente da Di Maio, come discriminante fondamentale e come test per misurarne l’affidabilità in vista di tempi complessi e di passaggi delicati per la nuova vita del M5S e per il cambio di fase del governo.

E proprio adesso che il Mes diventa oggetti di scontro con Matteo Renzi. Gli organismi deputati al rispetto della disciplina stanno pensando di non intervenire su quella vicenda, consigliati soprattutto dalla necessità di non mettere a repentaglio la maggioranza riducendo la truppa grillina , Ma Di Maio ha per il momento preso una decisione che se confermata restituirebbe il clima interno ai gruppi parlamentari della prima forza della maggioranza.

Tra i dissidenti sul Mes, ad esempio, c’è anche il senatore e presidente della commissione antimafia Nicola Morra, che parteciperà all’evento «La base incontra Rousseau» organizzato dalla piattaforma gestita da Davide Casaleggio per il prossimo fine settimana, proprio in contemporanea agli Stati generali tematici lanciati da Vito Crimi. Assieme a Morra accanto a Casaleggio ci saranno tra gli altri Antonella Laricchia, la consigliera regionale che da settimane si batte contro l’ingresso del M5S nella maggioranza di Michele Emiliano in Puglia e l’ex candidato a sindaco di Napoli Matteo Brambilla, che al dibattito finale degli Stati generali aveva attaccato i vertici grillini.

Molto attiva anche Francesca De Vito, consigliera regionale in Lazio e sorella del presidente dell’assemblea capitolina Marcello De Vito, scheggia impazzita del M5S romano in attesa di processo dopo mesi di detenzione per corruzione nell’indagine che ha coinvolto anche Luca Parnasi e l’avvocato genovese Luca Lanzalone, che per conto di Virginia Raggi gestiva la grande opera legata allo stadio della Roma di Tor di Valle.

A proposito di maggioranza, proprio alle sorti giudiziarie della sindaca di Roma sarebbero legate le prospettive di replicare l’alleanza tra M5S e Pd alle prossime amministrative. Secondo l’aspirante candidato Carlo Calenda, infatti, il tavolo del centrosinistra che sta cercando una soluzione in vista delle elezioni romane della prossima primavera sarebbe al momento «congelato» in attesa della sentenza di secondo grado al processo per falso che coinvolge Raggi e che dovrebbe arrivare sabato prossimo.

«Il Pd e Sinistra Italiana hanno chiarito che nel caso di condanna della Raggi apriranno un tavolo con il M5S», sostiene Calenda. Dal Pd smentiscono scenari del genere. La stessa cosa dalla coalizione civica Liberare Roma, che a quel tavolo partecipa: «A noi non risultano le cose che Calenda ha reso pubbliche circa strane determinazioni del tavolo della coalizione progressista – dice il portavoce Amedeo Ciaccheri – Nessuno nel centrosinistra può sostenere tesi di questo tipo per due ordini di ragioni: non siamo sciacalli, combattiamo la Raggi sul terreno politico e non ci occupiamo di processi in corso».