A metà giornata Luigi Di Maio si presenta davanti alle telecamere e rilascia una breve dichiarazione. Dice che elezioni hanno sollevato alcuni temi («povertà, sprechi, immigrazione e sicurezza») che su questi il Movimento 5 Stelle si confronterà sia con la destra che con la sinistra «perché noi siamo postideologici».

Il dialogo partirà dall’elezione dei presidenti di Camera e Senato, prevista per il 23 marzo. «Siamo aperti al confronto con tutte le forze politiche a partire dalle figure di garanzia che vorremo individuare per le presidenze delle due camere ma soprattutto per i temi che dovranno riguardare il programma di lavori», dice di Maio. Poi annuncia con enfasi: «Con queste elezioni è nata la Terza Repubblica».

Dopo il trionfo, lo stato maggiore del M5S si è riunito in sessione quasi permanente al quartier generale del Parco dei Principi. C’erano anche Beppe Grillo e Davide Casaleggio assieme a Di Maio, Alessandro Di Battista, Paola Taverna, Danilo Toninelli, Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro.

Si è visto anche Gianluigi Paragone, che visti i suoi trascorsi padani fin dall’inizio della sua avventura grillina si è presentato come punto di contatto con il mondo leghista. È ancora presto per parlarne, e Matteo Salvini mette le mani avanti, rivendica la vittoria perché vuole vedere se la ripartizione dei seggi gli consentirà di cercare una maggioranza col centrodestra.

Ma il tema dell’alleanza (anzi, per dirla con Di Maio «accordo di governo») tra M5S e Lega è uno dei più caldi. Nel suo ultimo libro, dedicato al «popolo dei No», Paragone propone una versione istituzionale del suo programma televisivo La Gabbia: la convergenza di istanze diverse, trasversali e spesso configgenti tra loro come No Vax e No Tav, l’alleanza tra chi si batte contro lo Ius Soli e chi vuole abrogare il Jobs Act.

I parlamentari 5 Stelle uscenti hanno esperienza di diverse sintonie coi leghisti nel corso dell’ultima legislatura, soprattutto sui temi della giustizia e della «sicurezza», ma sanno anche che l’accordo con la Lega risulterebbe ostico a molti all’interno del M5S, soprattutto dopo la valanga di voti raccolta nel Mezzogiorno.

Bisogna poi considerare che i tre ministri virtuali del comparto economico proposti da Di Maio sono più europeisti che sovranisti: non è esattamente un messaggio che invoglia Salvini.

Insomma, nonostante l’alleato europeo Nigel Farage proprio ieri abbia salutato i risultati delle elezioni italiane inneggiando all’avanzamento del fronte anti-Ue, al momento l’ipotesi leghista non è la più gettonata.Ecco perché dall’hotel dei Parioli si è attesa con un certo interesse la conferenze stampa di Matteo Renzi: un Pd de-renzizzato faciliterebbe le operazioni di dialogo.

Ma così come ancora ieri i renziani dicevano che mai sarebbero andati al governo con gli «estremisti» di Lega e M5S, il timing proposto dal segretario Pd sancirebbe che le sue dimissioni sarebbero esecutive soltanto all’indomani della formazione del governo, il che aggiunge un grado di difficoltà all’operazione.

«Renzi è in confusione totale e non se ne rende neppure conto – commenta Alessandro Di Battista – Pur di non dimettersi è disposto a frantumare quel poco che resta del Pd. Noi comunque dialoghiamo con tutti, la nostra linea non cambia. Il Pd è già senza Renzi». In molti notano che il cittadino Di Battista, il non-più-parlamentare, risulta presente come e più di prima. È a lui che è stato affidato di annunciare la vittoria, nella notte tra domenica e lunedì.

Il volto del M5S movimentista e irrequieto continua a presenziare alle riunioni di queste ore. L’attività è frenetica, c’è da organizzare le prime mosse dei circa 350 parlamentari del Movimento 5 Stelle.

Tra di questi ci saranno anche gli espulsi in via preventiva: figure come il presidente del Potenza Salvatore Caiata, il massone in sonno di Castellammare di Stabia Catello Vitiello e il furbetto del bonifico Andrea Cecconi che senza fare campagna elettorale ha battuto il ministro dell’interno Marco Minniti nel collegio uninominale di Pesaro.

Cosa fare della truppa di grillini nel limbo, e magari come evitare che finiscano nelle mire del centrodestra a caccia di voti per conquistare la maggioranza, è uno dei temi all’ordine del giorno.