Arrivano alla spicciolata. Alcuni sono già volti noti, altri si infilano dentro il Parco dei Principi passando inosservati. Ci sarà tempo per conoscerli meglio e per capire che segno daranno a questa legislatura. Ecco i 334 parlamentari eletti nelle liste del Movimento 5 Stelle. Si dispongono in due sale dello spazio destinato alle conferenze dell’albergo dei Parioli. Da una parte i deputati, dall’altra i senatori. Sicurezza, con tanto di uomini con auricolare ad ogni varco, e consegna del silenzio.

IL CONSESSO REGALA una standing ovation a Luigi Di Maio, che arriva a motivare la foltissima truppa. «State tranquilli, al governo ci andremo noi: ce la faremo», dice il «capo politico», che annuncia i nomi di Danilo Toninelli e Giulia Grillo come capigruppo rispettivamente al senato e alla camera. Non c’è bisogno neanche di una votazione simbolica, le prime nomine sono fatte. Palazzo Chigi rimane in testa ai pensieri, ci mancherebbe se a meno di una settimana dal voto che ha messo il M5S in cima al podio si facesse marcia indietro. Però, nell’attesa che Mattarella formuli le sue proposte e tra Pd e centrodestra cominci la giostra delle trattative, questa massa critica di parlamentari va tenuta unita e motivata. «Bisogna essere uniti», dice Di Maio. Perché lo spauracchio del ritorno al voto immediato, magari giusto il tempo di riscrivere la legge elettorale, mina innanzitutto la tenuta dei gruppi pentastellati. Ecco perché sarebbe allo studio una specie di «contratto di garanzia», che in caso di ricorso alle urne assicurerebbe a tutti gli eletti la ricandidatura in posti utili. Se venisse confermata la notizia costituirebbe la prima importante deroga al vincolo dei due mandati, visto che una parte consistente dei parlamentari convenuti a Roma è al secondo giro.

A PROPOSITO DI DEROGHE: circola anche Giulia Sarti, che era stata colpita da sospensione per i mancati rimborsi. Bocche cucite davanti ai giornalisti, Sarti si limita ad acconsentire quando le chiedono se ha ottenuto il perdono dai vertici. Le voci danno in lizza per la riammissione nel gruppo anche Salvatore Caiata, l’imprenditore lucano indagato per riciclaggio espulso prima dell’elezione nel collegio uninominale di Potenza. La faccenda è complicata ma darebbe l’idea dell’approccio dei vertici grillini intenti a tenere insieme il più possibile gli eletti. Per Caiata si starebbe studiando un «lodo Raggi»: prima del rinvio a giudizio potrebbe dunque indossare la casacca pentastellata. Ecco dunque che Di Maio mette le mani avanti e rassicura chi teme lo scenario dell’esclusione dall’esecutivo: «Se dovesse nascere un governo Pd-Fi-Lega, prenderemo i popcorn: vedremo presto crescere ancora il nostro consenso».

POI ARRIVA DAVIDE Casaleggio. Qualche settimana prima delle elezioni, aveva fissato un traguardo ambizioso: superare il milione di iscritti alla piattaforma Rousseau. Adesso il «sistema operativo» del M5S non pare vivere un momento di particolare visibilità, sembra tutt’altro che centrale nelle dinamiche interne. La crescita dei consensi nelle urne fa a pugni con gli utenti del sito, che sono ufficialmente circa 140 mila, cui bisogna togliere due terzi per arrivare agli iscritti attivi. Allo stesso modo, il programma di governo che era stato approvato con il voto online è stato rimpiazzato più volte: prima dai venti punti presentati da Luigi Di Maio e poi dagli intenti manifestati dai «ministri» del governo 5 Stelle. Casaleggio chiede agli eletti di adoperare il più possibile la sua piattaforma. «Non vi chiederò mai di presentare o cambiare una legge – dice – Vi chiederò sempre di partecipare su Rousseau, nuovo incredibile sistema di partecipazione».
Intanto, si apprende che Rocco Casalino passerà dalla comunicazione del senato a quella del più nutrito gruppo della camera. E in serata viene diffuso un appello: si cercano giornalisti per gestire la comunicazione dei gruppi, inviare curriculum e videopresentazione di 90 secondi.

TONINELLI È INCARICATO di stabilire l’agenda politica delle prossime settimane. Nulla di nuovo sulle presidenze d’aula, ma qualche spunto sul documento di programmazione economica e finanziaria. «Il primo atto politico sarà il Def – spiega Toninelli – Imporremo i temi economici per cui i cittadini ci hanno dato la loro fiducia: diminuire le tasse e abbassare la povertà».

SULLE MANOVRE per la formazione del governo, quando gli viene chiesto se quella di Di Maio premier è condizione imprescindibile, Toninelli risponde in modo netto: «Di Maio è il candidato presidente del consiglio della forza politica più votata. Quindi ovviamente sì».
Poi una persona dello staff si incarica di accompagnare gruppetti di parlamentari direttamente, «rapidi e sicuri», dall’uscita verso il carosello di taxi.