Ha senso attendere ancora l’esito di una direzione del Pd che ormai dovrà affrontare tutt’altri argomenti? Sergio Mattarella sa che aspettare quelle assise sarebbe inutile, quindi anticiperà la propria mossa a mercoledì o giovedì. Ma per decidere come muoversi manca all’appello un tassello decisivo: la posizione che assumerà Salvini di fronte all’appello di Luigi Di Maio, che chiede alla Lega di associarsi al M5S nella richiesta di votare a giugno.

QUELL’APPELLO, consegnato dal capo politico dei 5S a un video su Fb, non ha colto il Quirinale di sorpresa. In nome della cortesia istituzionale adottata sin dall’inizio della crisi, Di Maio lo aveva anticipato al capo dello Stato già domenica sera, dopo la porta sbattutagli in faccia sul teleschermo da Renzi. Ma il voto prima dell’estate il Colle lo ha già escluso. Ai 45 giorni necessari se ne devono aggiungere altri 15 per via delle circoscrizione estere. Per votare il 24 giugno, accorpando le elezioni politiche ai ballottaggi delle amministrative, non c’è più tempo e il primo luglio per Mattarella è già troppo tardi. La data più vicina è dunque tra settembre e ottobre.

Ma prima di prendere qualsiasi decisione, il presidente aspetta Salvini. Un Di Maio in palese difficoltà, non solo per l’indirizzo che sta prendendo la crisi ma anche per l’esito sconfortante delle elezioni in Friuli dove il Movimento ha perso due terzi dei voti raccolti il 4 marzo, lo ha chiamato in causa con parole da cui trapela smarrimento: «Salvini ha preferito gli interessi di un condannato incandidabile a quelli di tutti gli italiani. Io gli dico: andiamo insieme a chiedere di andare a votare e facciamo il ’secondo turno’ a giugno». Di Battista, fingendo di aiutare e in realtà danneggiando per l’ennesima volta l’amicone, è più ruvido: «Ho sbagliato paragonando Salvini a Dudù, che non ho quasi mai visto al guinzaglio. Ora dimostri un coraggio che non ha mai avuto». Scende in campo anche Grillo in difesa di Di Maio, il cui «entusiasmo viene propagandato come bramosia di potere».

MA DALL’INTERNO di un centrodestra il cui trionfo in Friuli venezia Giulia va molto oltre le attese, Berlusconi tira in direzione opposta: «Il centrodestra unito si conferma vincente. E’ una ragione di più per affidargli la guida del governo nazionale». Così il leader azzurro torna a chiedere un incarico per Salvini, che dovrebbe poi «cercare i voti» in Parlamento. In soldoni, si tratterebbe di avviare la campagna acquisti, puntando sulla ritrosia dei parlamentari di fronte alla triste eventualità di tornare a casa ancora prima di aver sfatto i bagagli. La terza gamba della coalizione, FdI, è d’accordo con Arcore. «Ci aspettiamo dal capo dello Stato un mandato a formare il governo. Andiamo a vedere se in Parlamento ci sono i voti per una maggioranza su alcune cose da fare», appoggia la proposta berlusconiana Giorgia Meloni. Non è una strada facile ma nemmeno impossibile: di certo al Senato c’è già chi sta organizzando i nuovi «responsabili».

SALVINI PERÒ TACE. Su twitter pubblica la foto beffarda di un due di picche. Rafforzato oltre ogni previsione dal risultato del Friuli si limita al solito «Andiamo a governare». Ma sarà dalla sua scelta che dipenderanno le mosse di Mattarella. Se chiederà le elezioni subito, ipotesi esclusa a via Bellerio, Mattarella tenterà di convincere tutti dell’opportunità di formare un governo del presidente con mandato più ampio, anche se non di molto: sino ai primi mesi del 2019, tanto da superare gli scogli dei trattati europei, tra cui Dublino, da rivedere, e naturalmente della legge di bilancio. La reazione dei mercati, con lo spread che ieri è tornato a salire dopo la richiesta di voto immediato di Di Maio, gli offrirà una carta da giocare. Ma se Lega e M5S non sentiranno ragioni non ci sarà alternativa alle elezioni autunnali.

SE INVECE Salvini accetterà di seguire la strada indicata da Berlusconi, ma anche questo viene considerato dal quartier generale leghista poco probabile, Mattarella si troverà in un dilemma. Sa benissimo che se c’è un leader che l’Europa non vuole vedere a palazzo Chigi è proprio Salvini. L’ipotesi di mandare allo sbaraglio un candidato in cerca di voti è stata prima attentamente soppesata e poi bocciata dal Quirinale. Certo al capo dello Stato non piace l’idea di scommettere sul trasformismo parlamentare. Però se il leader della Lega sarà disposto ad accettare quel pre-incarico in precedenza rifiutato, per il presidente, con le elezioni in autunno come sola alternativa, sarà molto difficile dire di no.

Ma Salvini tiene alta la suspense, si esprime solo a fine giornata con un tweet che sembra un rebus: un appello al buonsenso, l’assicurazione che «noi non cambiamo idea» e un manifesto della campagna elettorale con su scritto «Salvini premier». A Mattarella indovinare cosa significhi.