Al termine del vertice notturno con tanto di cena a palazzo Grazioli i tre leader della destra avevano mimato un accordo inesistente. La recita resiste appena qualche ora, poi le strategie divergenti emergono di nuovo in piena luce. Salvini, che nel summit ha portato a casa il solo risultato tangibile, cioè la delega a trattare per tutti sui presidenti delle Camere, in conferenza stampa traccia confini invalicabili: «Sarebbe irrispettoso nei confronti degli elettori coinvolgere chi ha perso. Quindi no a qualsiasi governo che abbia al centro Gentiloni, Boschi o Minniti».

PER LA VERITÀ IL PD Salvini non lo vuole né al centro né in periferia, a differenza del meno sgradito M5S. Infatti specifica che «esclusa la collaborazione con il Pd tutto il resto è possibile». E rincara: «Su nomi e ruoli non ci sono pregiudizi. Se il progetto è condiviso, ragioniamo. Oggi cerco Di Maio al telefono». Il leghista – che comunque per parlare delle presidenze delle camere chiama anche il reggente del Pd Martina e il leader di Leu Grasso – specifica però che a spaccare la coalizione per governare con i 5 Stelle non ci pensa per niente. Un patto tra la Lega e un altro partito? «Impossibile».
In realtà il leader del Carroccio si attiene alle decisioni prese nella notte, che escludevano solo accordi con il Pd. Anche se si tratta di scelte dettate, più che da lucide decisioni, dalla cortesia diplomatica e dai silenzi che la stessa impone. Il ruolo di mediatore incaricato di trattare sulla presidenze delle camere, per esempio, Salvini se lo è assegnato da solo: «Allora tratto io per tutti». Nessuno se l’è sentita di guastare la serata aprendo una diatriba che si sarebbe trascinata sino all’alba.

BERLUSCONI, COMUNQUE, non ci sta e di fronte all’assemblea degli eletti forzisti, oltre a confermare per il momento i capigruppo Romani e Brunetta sino all’elezione dei successori, scalcia. «Ho aperto la porta a M5S? Per cacciarli via», proclama forte e chiaro smentendo così senza alcuna sfumatura di cortesia Salvini, Ripete che vuole «un governo di centrodestra con il Pd che appoggia singoli provvedimenti». Ammette, bontà sua, che sul punto i convitati notturni dissentono al 100% ma si dice certo di poterli «convincere».

E’ un dissenso a tutto campo, che non riguarda solo gli eventuali quanto improbabili alleati ma anche le prospettive della legislatura. Se il capo della Lega non perde occasione per chiarire che per lui è meglio sfidare nuove elezioni piuttosto che annacquare il programma, l’alleato di Arcore replica sostenendo l’opposto. Bisogna difendere a tutti i costi la stabilità e «evitare assolutamente nuove elezioni che porterebbero M5S al 40%».

NEL PROGETTO di Berlusconi, che somiglia piuttosto a un miraggio, è fondamentale scalzare Salvini dalla posizione di candidato premier, che basta e avanza a chiudere i già pochissimi spiragli di accordo col Nazareno. Per questo, nella notte, Berlusconi gli avrebbe proposto di candidarsi invece a presidente del Senato, argomentando che siccome l’incarico vero e proprio Mattarella non lo assegnerà mai al leghista privo di maggioranza certa, è molto meglio ottenere almeno un mandato esplorativo e orchestrare così i giochi una volta eletto secondo cittadino dello Stato. Il destinatario di tanto onore non ha escluso l’ipotesi, non formalmente almeno, ma l’idea non gli sorride affatto e che accetti è difficilissimo.

MA IN FONDO TRA TUTTI gli innumerevoli elementi di discordia, il più forte e serio è proprio l’opposta reazione di fronte alla minaccia di elezioni anticipate. Tutto il resto è soprattutto teatro. Il Pd, con Lorenzo Guerini, ha già escluso ieri ogni possibile appoggio esterno a un governo di destra. L’idea di un’alleanza tra Di Maio e Berlusconi è surreale. Sulle presidenze di Camera e Senato tra Lega e 5 Stelle un accordo di massima già c’è. E’ probabile che con il voto segreto gli azzurri eviteranno di sostenere un presidente del Senato a cinque stelle, ma nessuno a destra ha interesse a portare quella divisione alle estreme conseguenze.

I DUE PRINCIPALI ALLEATI del centrodestra stanno in realtà misurandosi e inviando segnali in vista della fase seguente, quella che si aprirà quando entrerà in campo Sergio Mattarella. Il momento della verità arriverà quando il capo dello Stato avrà doverosamente verificato l’impossibilità, già certa, di dar vita a una maggioranza politica. A quel punto il presidente della repubblica giocherà la proprie carte per evitare di riaprire le urne elettorali in pochi mesi e solo a quel punto Berlusconi e Salvini dovranno decidere se proseguire insieme o prendere strade diverse. Hanno interessi opposti. In nuove elezioni Salvini ha tutto da vincere, Berlusconi tutto da perdere.