Tra i molti festival che con le motivazioni più diverse affollano la penisola, mantiene delle sue ragioni particolarmente valide quella che da qualche anno il gruppo Straligut promuove e conduce nella città del Palio, affiancata e sostenuta dall’istituzione regionale più solida, la Fondazione Toscana Spettacolo. La particolarità sta nel fatto che tutte le compagnie italiane (ovviamente purché giovani e agguerrite) possono rispondere a un bando pubblico, per poter essere poi selezionate da una «giuria»: un rete di circa 60 tra compagnie, teatri pubblici e privati, festival e rassegne. Hanno risposto quest’anno in 400, tra i quali sono stati individuati i 12 i finalisti, sei per il teatro ragazzi e altrettanti per il teatro tout court. La scorsa settimana le compagnie hanno presentato i propri lavori non solo agli «specialisti» ma anche al pubblico e alle scuole, nei due spazi storici di Siena, i Rozzi e i Rinnovati, e in quello più sperimentale del Costone. Sono state giornate dense, anche se gli organizzatori di Straligut hanno predisposto con cura tempi e ospitalità, ma al di là della media qualitativa dei lavori visti, è vero che Inbox dal vivo (questo il nome della manifestazione) rende possibile una ricognizione ad ampio spettro di linguaggi ed evoluzioni del teatro italiano, soprattutto di quello che verrà, o che potrebbe venire fuori.

PERCHÉ tutte le produzioni sono autogestite e autofinanziate, fuori quindi da logiche spartitorie o di favore. E infatti il premio non consiste né in trofei o targhe, e neppure «denaro» di pura beneficienza: «vince» chi ottiene la scrittura per il maggior numero di repliche da parte dei promotori del premio, che li programmeranno nei propri spazi. Il problema sta semmai «a monte», ovvero nelle scelte di selezione compiute da quella sessantina di operatori che si candidano a individuare le proposte più sicure e innovatrici, del gusto e delle chances del teatro. I lavori passati in rassegna sono apparsi tutti generosi e attuali, impegnati a comprendere meglio la realtà di oggi, soprattutto quella giovanile, e denunciarne condizionamenti e limitazioni: le scorciatoie del web e i tranelli dei social, la moltiplicazione stratificata delle gerarchie di potere, ma anche la mancanza di prospettive dentro una gabbia generazionale prolungata senza prospettive di superamento. O anche la facile fuga dentro una «illegalità» giocata tra i feticci massmediologici.

NON A CASO vincitore netto per numero di scritture è stata La classe, di Fabiana Iacozzilli, un «docupuppet» per marionette e attori, in cui l’autrice ripercorre lontane esperienze scolastiche infantili, in un istituto religioso dove «la suora» passerà dal ruolo di aguzzina a quello di confidente. Una storia privata, ma che con gusto e divertenti pupazzi, racconta emozioni ancora vitali.